Luca Meldolesi è ordinario di Politica Economica all’Università Federico II di Napoli e ricopre l’incarico di Presidente del Comitato Nazionale per l’Emersione del Lavoro Non Regolare, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il Comitato per l’emersione del lavoro non regolare è operativo dalla fine del ’99. Molte iniziative sono state prese in questi ultimi tre anni e mezzo. Qual è oggi il bilancio?
Premesso che negli ultimi anni ho lavorato con il governo D’Alema, con il governo Amato e adesso con il governo Berlusconi, forse una prima annotazione comune riguarda il fatto che in generale le politiche adottate per l’emersione del lavoro nero hanno sempre avuto un po’ il vizio dell’improvvisazione, nel senso che le forze politiche hanno sollevato la questione e cercato la scorciatoia.
Fortunatamente il lavoro del comitato è stato improntato a un forte radicamento nel territorio, con la creazione anche di figure tutoriali, con un programma di formazione.
Va anche riconosciuto che il governo Berlusconi sin dal suo insediamento ha preso questo argomento come nodo chiave, dandogli il rilievo che merita. La stessa legge 383, quella Tremonti, pur nei suoi evidenti limiti, è stata comunque un importante traino della problematica. Mai in Italia c’era stata una discussione così viva e una presenza così forte di forze economiche, sociali, politiche, su questo tema.
Naturalmente è importante ricordare che anche Confindustria ha cambiato atteggiamento; da un’iniziale posizione di forte scetticismo, per non dire ostracismo, con D’Amato, si è invertita la rotta e anche questo è stato un impulso importante.
Ora ci troviamo a un momento cruciale, a mio avviso. Negli ultimi mesi c’è stata un forte presa di coscienza delle parti sociali, le quali hanno preteso che la cosiddetta emersione automatica, cioè questo meccanismo di dialogo diretto con il Ministero delle Finanze, lasciasse il campo a una maggiore presenza appunto delle parti sociali, in un contesto in cui vengano coinvolti anche gli altri soggetti del territorio.
C’è stato anche un primo inizio in questo senso; un tentativo di cosiddetta “emersione progressiva” è stato condotto dal novembre dell’anno scorso fino alla fine di febbraio, senza però riuscire a proseguire per una insufficiente coesione tra i soggetti in gioco.
C’era in particolare il problema di decidere se continuare all’interno della logica della 383 o scegliere vie diverse. Alla fine si è deciso di interrompere questa legislazione.
Così oggi ci troviamo in una fase ulteriore, che riguarda il tentativo di abbandonare politiche dettate dell’emergenza, basata un po’ su questa improvvisazione delle leggi, per cui in tempi brevissimi a una legge ne segue un’altra, a favore di una politica sistematica, ordinaria che investa l’intero paese, con caratteristiche di presenza territoriale, di concentrazione di sforzo sul superamento degli ostacoli, che sono molto consistenti.
Hai citato la legge 383, lamentandone tuttavia i limiti. Puoi spiegare?
Premetto che per me comunque i risultati conseguiti in questi ultimi anni sono strepitosi. Io ho delle idee del tutto opposte a quelle che girano: chi continua a parlare di fallimento, semplicemente non conosce il paese. Si aspettava delle cose che erano impossibili.
Venendo alla 383, di nuovo il problema era quello di una legge scritta con una certa improvvisazione. Il maggior limite a mio avviso riguardava il fatto che il ministro Tremonti (tra l’altro uomo del Nord) supponeva che gli imprenditori del lavoro nero, a un’offerta di regolarizzazione avrebbero fatto la fila per farsi identificare, nome e cognome. Ma questo significa non conoscere proprio l’abicì dell’atteggiamento culturale.
Se ricordi le campagne pubblicitarie, il messaggio era quello: “Venite, regolarizzatevi, ci siamo noi”… Ecco, un’operazione di questo tipo non aveva veramente alcuna possibilità di riuscita.
E tuttavia, per una serie di circostanze, tra cui alcune leggi del centrosinistra che qualche effetto l’hanno avuto, anche se ritardato, in particolare il credito d’imposta, il prestito d’onore, gli studi di settore, e il grande baccano che siamo riusciti ad azionare con la pressione della televisione, un messaggio è arrivato.
Cioè la gente ha cominciato a capire che con l’euro, l’Italia in Europa, certi comportamenti, certi atteggiamenti non sono più ammessi, non potranno più rimanere nell’ombra.
Il sommerso infatti ha bisogno di penombra, ha bisogno d ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!