Nadia Urbinati insegna Teoria Politica alla Columbia University di New York. Recentemente ha curato l’edizione americana di una raccolta di saggi sulla “rivoluzione liberale”. Fra i suoi libri: Le civili libertà (Marsilio 1990); Individualismo democratico (Donzelli 1997); Mill on Democracy: From the Athenian Polis to Representative Government, Chicago University Press.

Hai preso la cittadinanza americana e dicevi che ti ha colpito la procedura per ottenerla, molto diversa da quella italiana. Puoi raccontare?
In realtà mi è capitato di rifletterci quando sono andata a trovare un amico in Maremma, e alla stazione mi è venuto a prendere un signore dello Sri Lanka che poi era il suo domestico. Lui conosceva bene l’inglese (e anche questo è un fatto straordinario perché in Italia il domestico conosce l’inglese meglio del suo datore di lavoro) e così abbiamo cominciato a parlare di cosa significa essere immigrati, visto che lo eravamo entrambi. Mi ha detto che, avendo la residenza da tanti anni, stava per prendere la cittadinanza. Stava facendo le pratiche e entro pochi mesi, forse un anno, sarebbe diventato cittadino italiano. “Ma come si fa a diventare cittadino italiano?”, gli ho chiesto, perché effettivamente non lo sapevo: “Ah niente, una roba burocratica, ti arriva a casa la comunicazione che la tua domanda è stata accolta e sei cittadino”. E io: “Ma scusa tu sai che governo c’è in Italia, conosci la nostra Costituzione, i diritti, e tutte queste cose?”, e lui: “Ah, io sì perché sono alle dipendenze di questo signore che è di sinistra e quindi so, sono anche nel sindacato, però non ho mai studiato la Costituzione italiana”. “Quindi uno può diventare cittadino di questo paese senza saperne niente?”, “Sì, noi non sappiamo niente”. A mia volta, allora, mi sono messa a raccontare della mia esperienza americana, e lui era molto impressionato. Ecco, è molto interessante vedere come ci si naturalizza cittadini. Tutti siamo “naturalmente” (dalla nascita) cittadini, ma non sappiamo come avviene la naturalizzazione. Nessun italiano, forse, si chiede mai come si fa a diventare cittadino italiano.
Ma come succede in America?
Il diritto dice che occorrono almeno cinque anni di residenza per poter chiedere la cittadinanza. Quindi meno anni che in Italia, dove mi pare che ne occorrano dieci. La domanda della cittadinanza è molto più semplice di quella per diventare residenti; e questa è la similitudine fra caso italiano e caso americano. In Italia come negli Stati Uniti il passo più difficile è quello che rende lo straniero un ospite permanente. Data questa fondamentale accettazione, la cittadinanza è una formalità procedurale. La residenza implica il contributo alla vita della società e dello stato. Con la residenza tu paghi le tasse, hai l’assicurazione, godi di tutti i diritti civili (anche se questa è una concessione dei cittadini) ma non hai diritto di voto. La costituzione americana emendata (cioè il Bill of Rights) riconosce a tutti coloro che stanziano sul territorio, anche ai non residenti e non cittadini, ovvero agli “esseri umani,” il diritto al giusto processo. Tuttavia, a partire dalle leggi restrittive sull’immigrazione del ’98, l’applicazione di questi diritti è diventata piú discrezionale; il terrorismo poi ha ulteriormente peggiorato le cose. In realtà, se tu hai un problema con la giustizia, le autorità possono decidere di cacciarti dal paese, possono decidere se darti o meno un avvocato. Questo vale in generale per tutti i paesi occidentali.
Comunque dal punto di vista teorico, o dei diritti universali, diciamo che la cittadinanza aggiunge molto poco alla residenza: se non ti interessa poter votare, visto che conta così poco, la cittadinanza non aggiunge niente; non ti cambia la vita. E infatti le autorità tendono a penalizzare in qualche modo la residenza proprio per stimolare la richiesta di cittadinanza.
Allora tu, una volta che hai la residenza, fai questa domanda e la fai per posta o via internet, quindi senza perdita di tempo; e per posta o per internet ricevi i moduli. Quello che ti richiedono immediatamente è esattamente quanto ti richiedono qua: devi dimostrare di avere sempre pagato le tasse, quindi di non avere illeciti civili pendenti, né, ovviamente, penali; poi ti richiedono l’elenco di tutte le uscite e entrate dal paese degli ultimi cinque anni (per cui devi ricopiare dal passaporto tutte le date degli ultimi cinque anni); infine ti richiedono di spedire due assegni, ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!