Riccardo Francovich, ordinario di Archeologia Medievale, è Direttore dell’Area di Archeologia Medievale, Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università degli Studi di Siena.

La realizzazione del parco della Rocca di San Silvestro, sorto in seguito alle ricerche archeologiche nel castello medievale minerario e dintorni da parte dell’Area di Archeologia medievale dell’Università di Siena, ha fatto sì che alla ricerca scientifica seguisse la difesa del territorio, la tutela del suo patrimonio culturale e la sua promozione. Puoi raccontare questa complessa vicenda?
Premetto che la ricerca si è svolta nel corso di dodici anni, dal 1984 al 1996, d’intenso lavoro sul campo. Il castello minerario di Rocca San Silvestro (nell’entroterra di Piombino), fondato dai della Gherardesca fra X e XI secolo, al centro di una spettacolare area di estrazione di minerali di rame e piombo argentifero, e abbandonato nel corso del XIV, richiedeva un progetto di ricerca complesso che imponeva la cooperazione dell’Università e dell’ente locale.
Infatti, per una struttura universitaria sarebbe stato impossibile gestire e valorizzare un cantiere di circa un ettaro d’estensione rocciosa e scoscesa con resti monumentali ancora in piedi e da consolidare, senza un organico e pienamente condiviso accordo con il Comune di Campiglia. Come progettare quello che a tutt’oggi è uno dei più ampi parchi archeologici e minerari dell’Europa?
Devo precisare che gli oltre quattrocento ettari del parco archeo-minerario sono ancora oggetto di interventi pianificati all’inizio degli anni Novanta; infatti, se è vero che per quanto riguarda le grandi emergenze medievali (dal castello alle miniere) il lavoro di ricerca e di valorizzazione è in uno stato assai avanzato e comunque ben fruibile, molto deve essere ancora fatto per l’epoca pre-romana e per le fasi di estrazione e lavorazione dell’età della rivoluzione industriale.
Il progetto, ancorché realizzato dall’Area di Archeologia Medievale dell’Università di Siena, prevede come punti di forza anche il ripristino del sistema di trasporti per la raccolta del materiale dalle due più significative aree di estrazione del contesto territoriale e l’impianto di trasformazione metallurgica (rame e piombo) dell’inglese Etruscan Mine Co., impiantati e funzionanti dal primo decennio del XX secolo. Senza uno scavo significativo in termini urbanistici e senza una sua comprensione in termini di assetti insediativi, produttivi e di potere, la progettazione del parco non sarebbe stata possibile, tantomeno una complessa riqualificazione ambientale.
Nonostante questo, e soprattutto nonostante l’inclusione dell’area nel sistema delle aree protette della Regione Toscana, restano alcuni pericoli per il fragile equilibrio della zona, in particolare per il persistere della presenza di un’imponente attività di cava che incide profondamente sugli assetti attuali.
Comunque il lavoro archeologico, dallo scavo alla ricerca di superficie, condotto su scala urbanistica e con l’obiettivo di una fruizione larga (oggi il parco ha circa trentamila visitatori l’anno, e solo negli anni Novanta l’intera zona era ancora area di degrado ambientale), ha permesso il dispiegarsi di una ricerca su scala assai significativa in termini di ricostruzione delle vicende storiche.
Ma ciò che vorrei sottolineare è l’assoluta interdipendenza fra la qualità della ricerca storica ed archeologica e la qualità del progetto di valorizzazione, nel quale assumono una vasta rilevanza gli aspetti della comunicazione, che nel caso specifico si identificano con la realizzazione di pannelli ricostruttivi di straordinaria efficacia (lo posso dire perché sono soltanto in parte farina del mio sacco e invece frutto sostanziale del lavoro di Paolo Donati, architetto e disegnatore di straordinaria capacità comunicativa, purtroppo recentemente scomparso, e del suo gruppo).
Il parco è affidato a una Spa a maggioranza pubblica (cinque Comuni della Val di Cornia e alcuni privati). Una Spa istituzionalmente non può non prefiggersi un utile economico-finanziario. Trovi sia una soluzione indovinata per la gestione di un patrimonio culturale e ambientale che appartiene a tutti?
Il Parco archeo-minerario di San Silvestro si è potuto realizzare grazie al suo inserimento in un contesto di pianificazione territoriale disegnato da Italo Insolera già negli anni Ottanta per conto dei Comuni della zona. Oggi, come hai detto, è gestito da una Spa, t ...[continua]

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