Nicola Bagnoli, professionista, lavora nel settore del multimediale e della musica, come esperto di tecnologie audio e digitali, con contratti di collaborazione continuativa; è impegnato, nell’Alai-Cisl. Marina Frabboni, anch’essa collaboratrice continuativa, è specializzata nel settore della formazione e dell’orientamento professionale, soprattutto di persone svantaggiate e con disagio sociale. Miguel Angel Perez Torres è ricercatore in fisica e astronomia, in collaborazione coordinata continuativa con il Cnr. Davide Parmeggiani, sindacalista Cisl, è responsabile di Alai, l’Associazione della Cisl che rappresenta i lavoratori atipici e parasubordinati.

Intorno al contratto coordinato c’è una grande discussione: c’è chi dice che sono lavoratori parasubordinati e chi invece afferma che sono veramente lavoratori autonomi. Voi cosa ne pensate?
Nicola. E’ difficile distinguere nettamente tra lavoro dipendente e lavoro autonomo, perché purtroppo noi siamo abituati a inquadrare il mercato del lavoro all’interno di schemi giuslavoristici rigidi e ormai superati, mentre invece è costruito su profili professionali e tipologie contrattuali nuovi. Ad esempio il parasubordinato è una realtà composita, che assomma in sé scelte professionali, tipologie e quadri di riferimento assai diversi tra loro: c’è il libero professionista con partita Iva, c’è il doppio lavorista che di giorno lavora come dipendente e di sera fa delle collaborazioni, il consulente informatico, l’attore. Per questo resto dubbioso quando incontro una persona che ha delle certezze e sa con sicurezza come definire questo mondo. Io stesso, quando ero co.co.co. facevo fatica a definire la mia tipologia e il mio ruolo lavorativo. Ora, per fortuna si è cominciato a riflettere su questo mondo e sono nate delle associazioni di rappresentanza, però c’è ancora tanto da fare.
Ma in realtà, quanta dipendenza, quanto sfruttamento, quanta furbizia e, invece, dall’altra parte, quanta autonomia, quanta novità, rispetto alle tipologie di lavoro, ci sono in questo arcipelago dei co.co.co.?
Nicola. L’aspetto principale è costituito dal fatto che nel contratto di collaborazione continuata, il rapporto di lavoro di solito è individuale; c’è il lavoratore e c’è il committente, e quello che conta è come queste due figure si rapportano: si può essere vecchi amici oppure ci può essere la persona ingenua e, dall’altra parte, quella furba e cattiva. Non penso che sia la tipologia di contratto in sé a causare sfruttamento. Anche nel lavoro dipendente, dove tutte le regole sono scritte e si è vincolati a un contratto nazionale, c’è spazio per l’irregolarità; ad esempio può succedere che un padrone affermi, a parole, di applicare il contratto, e invece obblighi il lavoratore a prendere le ferie quando decide lui oppure gli faccia fare gli straordinari senza retribuirli. Ad esempio l’anno scorso, come co.co.co. svolgevo un’attività particolare e avevo preso un accordo con i miei committenti per cui, se c’era un’urgenza, dovevo essere sempre disponibile per garantire loro il lavoro; poteva capitare che mi chiamassero alle sette di sera per un lavoro da consegnare la mattina dopo, quindi dovevo lavorare tutta la notte. A fronte di questo mio impegno c’era però un esborso da parte loro non commensurabile a qualsiasi tariffario ufficiale; sono arrivato a chiedere un milione e 200 mila lire all’ora. D’altronde ero l’unico che poteva fare quel lavoro a quel livello e con quei tempi, quindi ero in una posizione di forza. E poi sono convinto che si debba pagare anche la disponibilità. Ad un certo punto i committenti -eravamo coetanei, ci conoscevamo ed eravamo quasi amici- hanno iniziato a dire: “Abbiamo trovato un altro che ci prende un po’ meno, quindi dovresti ritoccare il tuo tariffario”. A quel punto il rapporto di fiducia è venuto meno e ho troncato il rapporto, ma perché ho potuto farlo. Se non avessi avuto altre alternative avrei dovuto iniziare a farmi sfruttare: si inizia cedendo 100.000 lire, poi 200, 300, e va a finire che ti pagano come tutti gli altri e in più lavori la notte per 12 ore filate. Perché questo tipo di disponibilità l’avevamo formalizzata nell’accordo, mentre invece, stupidamente, la cifra l’avevamo sempre contrattata volta per volta.
Vi trovate bene a lavorare con queste forme contrattuali?
Marina. Andando avanti negli anni ho capito meglio di cosa si sostanzia la collaborazione coordinata continuativa e oggi non mi posso lamentare, il lavoro non mi manca. ...[continua]

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