Arnaldo Bagnasco insegna Sociologia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Ha pubblicato, presso il Mulino, L’Italia in tempi di cambiamento politico (1996) e, recentemente, Tracce di comunità (1999).

I processi di globalizzazione cosa comportano per le realtà locali? Sembra che globale e locale, alla fine, possano addirittura combinarsi molto bene...
E’ ormai evidente che la globalizzazione si accompagna a un ritorno d’importanza dell’organizzazione sociale localizzata. Questo è un dato di fatto destinato a durare nel tempo, anche se tutti questi fenomeni, che sono certamente segnali di cambiamenti strutturali profondi, oggi vanno contestualizzati in una prima fase che non può che essere confusa, perché di trasformazione, e che chiamerei congiunturale. Questo è un punto importante perché non sappiamo come questi processi si assesteranno.
Forse, per dare un’idea di quello che sta succedendo, possiamo far riferimento al fatto che, negli ultimi secoli, il principale organizzatore della società nello spazio è stato lo Stato nazionale. Questo configurava un’intera società secondo un raggio che era lo stesso per l’organizzazione della politica, della cultura e dell’economia. Questo poi, come sappiamo, non era mai stato così del tutto vero, ma non c’è dubbio che la tendenza era a un’organizzazione politica di un insieme sociale nel suo complesso.
In tempi recenti, per una serie di ragioni, che vanno dalla diffusione di nuove concezioni tecnologiche alla fine delle grandi contrapposizioni est-ovest, l’economia ha sempre più sfondato i confini nazionali, sino a dar luogo a quel fenomeno che di solito chiamiamo globalizzazione. Poi la facilità di spostarsi dei capitali, la facilità di tessere reti di rapporti industriali tra paesi diversi, il ritorno del mercato come meccanismo regolatore dell’economia, hanno favorito enormemente il diffondersi del fenomeno. Oggi un’azienda, se il costo del lavoro è troppo alto nel paese in cui si trova, può trasferire altrove le lavorazioni attraverso una sua affiliata o un suo fornitore, mantenendo sul posto solo la regia del processo. Questi processi non sono una novità. Anche nel passato in certi momenti ci sono state forti tendenze a estendere l’economia al di là degli Stati nazionali, ma oggi tutto ciò è molto più evidente.
Questo fenomeno combinato con altri come, per quello che ci riguarda direttamente, la costruzione europea, ha condotto a un relativo indebolimento degli Stati nazionali, che continuamente vengono sfidati a superare la difficoltà di approntare politiche economiche in un momento in cui i capitali possono andare di qua e di là; pensiamo solo alla difficoltà di far riferimento alle tassazioni con sicurezza nel momento in cui queste possono essere eluse semplicemente spostandosi.
Allora, queste circostanze, che da un lato indeboliscono pure il quadro organizzativo regionale, perché l’economia ha un raggio che ormai arriva a tutto il mondo, perché il potere politico continua ad essere fortemente organizzato in termini di Stati nazionali, perché i poteri sovranazionali sono ancora confusi, incerti, d’altro lato portano proprio a un ritorno delle società locali, il che può sembrare un paradosso, ma non lo è.
Direi che le prime avvisaglie di questa tendenza sono state tutte di tipo psicologico e culturale: per superare il senso di smarrimento e di insicurezza di fronte a un’economia meno sotto controllo di prima, meno visibile, che viene decisa non sappiamo bene dove, da chi, per che scopi, c’è stato un ritorno di interesse per la piccola patria delle radici, delle tradizioni, che dà sicurezza.
Presto, però, ci si è accorti che in un mondo globalizzato si formano delle aree economiche integrate al loro interno, delle aree produttive che trovano proprio nel costituirsi di un insieme d’iniziative l’una vicino all’altra, la forza e la capacità di concorrere nel sistema internazionale.
Questo in Italia l’abbiamo visto molto presto con tutta la storia dei distretti industriali, fra cui anche quelli del Veneto, dell’Emilia o della Toscana, ma un po’ dappertutto troviamo aree nelle quali si forma un clima favorevole a far sì che le imprese interagiscano tra di loro in riferimento alle risorse di cui hanno bisogno: determinate scuole professionali piuttosto che altre, centri di ricerca, servizi alle imprese omogenei a quel tipo di produzione. Per cui si crea anche una cultura del saper fare che diventa tipica di un’area.
La ...[continua]

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