Pier Paolo Poggio lavora come storico presso la Fondazione "Luigi Micheletti" di Brescia. E’ autore di L’obscina: Comune contadina e rivoluzione in Russia, edito da Jaca Book nel 1978. Recentemente ha pubblicato Nazismo e revisionismo storico, edito da Manifestolibri.

Di Haider e il nazismo si è fatto un gran parlare, spesso senza fare le debite distinzioni. Tu cosa ne pensi?
Intanto io penso che la storia del nazismo e del fascismo sia stata esorcizzata. Ho provato a leggere un po’ di commenti al caso Haider. Tutti a un certo punto dicono: "Sì, va bene, il fascismo e il nazismo..., però siamo di fronte ad una situazione completamente diversa", il che è quasi banale. La mia impressione è che affermazioni di questo genere testimonino il fatto di non essere riusciti a storicizzare il nazismo. Di conseguenza non riusciamo a capire gli elementi di continuità e di discontinuità rispetto al ciclo storico del fascismo nelle sue tre espressioni: quello culturale che, secondo alcuni, ha avuto il suo epicentro in Francia; il fascismo italiano, come fenomeno politico che dà il via a tutta un’epoca, e il nazismo come sua realizzazione ed esplicitazione piena.
Il nazismo non può essere considerato una specie di irruzione degli hyksos, non può essere quello che Croce disse a un certo momento del fascismo italiano, una parentesi, ovvero l’irruzione del male assoluto. Il fascismo fu un fenomeno di portata epocale, che raccolse grande consenso fra la gente d’Europa. Lo stesso collaborazionismo, che noi abbiamo tentato di studiare invano perché nessuno ci dava ascolto, se non per farci interpellanze contro (e lo capisco anche: lo studio del collaborazionismo può dar fastidio perché al limite può essere usato sul piano giuridico, nei processi), non è qualcosa che nasce dalla costrizione dell’occupazione. Certo, in quel momento i tedeschi lo hanno usato abilmente, ma le sue radici affondano in un certo sottosuolo.
Purtroppo ho l’impressione che fino a trent’anni fa tutto questo si sapesse, casomai non c’erano degli studi storici, qualsiasi famiglia ne era al corrente. Oggi tutto sembra essere stato dimenticato. Il tentativo della storiografia, in particolare tedesca, di studiare in profondità il nazismo, di scavare nella storia della Germania e dell’Europa per capire cosa fosse successo, come ci si fosse arrivati, non è passato nell’opinione colta, non è passato come fatto culturale. Questo ci rende oggi impreparati di fronte al riemergere di fenomeni, che sicuramente sono molto diversi perché è cambiato il mondo, e però hanno tantissimi punti di contatto.
Quindi credo che, per una serie di blocchi politico-culturali, la storicizzazione del nazismo non è stata possibile. A questo sono stati funzionali due meccanismi. In primo luogo, quello dell’assolutizzazione: la Shoà ci fa vedere il nazismo come qualcosa di così totalmente altro rispetto alle normali culture politiche di destra, che è stato facile demonizzarlo, e quindi incapsularlo.
In secondo luogo, l’operazione della relativizzazione e banalizzazione, quindi il lavorio di un revisionismo a volte anche molto superficiale e dozzinale che, però, in paesi come l’Italia e l’Austria (che, secondo me, sono casi esemplari), ha attecchito non già in certi gruppi politico-culturali, in centri di opinione o presso particolari scuole storiografiche, ma a livello di massa. Il revisionismo è un fatto socialmente diffuso; nel caso austriaco lo è in modo clamoroso.
L’Austria ha attraversato gli ultimi cinquant’anni nella totale incapacità di fare i conti col proprio passato. E’ una storia completamente diversa da quella tedesca e ha, invece, dei punti di somiglianza con la vicenda italiana.
Qui ho un articolo pubblicato su Il Politico prima che scoppiasse il caso Haider, "L’Austria incolpevole e le riparazioni alle vittime ebraiche". L’autrice, Sara Lorenzini, ricostruisce la storia dell’Austria dal ’45, analizzando, in particolare, come questo paese si è rapportato alle vittime della persecuzione, in particolare agli ebrei, ma non solo. La cosa infatti non riguarda solo ambienti dell’estrema destra o conservatori: qui è tutta la cultura politica austriaca, le forze politiche che hanno governato nel secondo dopoguerra a considerare l’Austria solo come una vittima del nazismo, assolutamente incolpevole. Non c’è motivo perché debba fare i conti con il proprio passato nazista perché l’Austria non è stata nazista.
Ora questa è una falsificazione storica colossale, perch ...[continua]

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