Massimo Livi Bacci insegna Demografia all’Università di Firenze. Tra le sue ultime pubblicazioni Storia minima della popolazione del mondo, Il Mulino 1998.

Gli abitanti della terra sono 6 miliardi: è un dato incoraggiante rispetto alle previsioni un po’ catastrofiche di qualche anno fa o resta comunque un dato che suscita preoccupazione?
6 miliardi è una cifra mediatica a cui si è dato grande risalto, anche se nessuno sa effettivamente a quanto ammonti la popolazione mondiale. Di sicuro, negli ultimi dieci anni le previsioni fatte dalle agenzie internazionali sull’incremento della popolazione di lì a venti, trenta e cinquant’anni, sono state generalmente riviste al ribasso. Ci si è resi conto che è in atto un rallentamento della crescita più sensibile di quanto non si pensasse qualche anno fa. Se non ricordo male le previsioni del ’96, in base ai dati aggiornati a quell’anno, davano per il 2025 una popolazione di 8 miliardi e 600 milioni; i dati aggiornati al ’98 ora la danno a 8 miliardi e 300 milioni. Questo significa che in buona parte dei paesi in via di sviluppo il declino della natalità e la diffusione del controllo delle nascite sta avvenendo più velocemente del previsto.
Ormai in grandi paesi come il Brasile si prevede che nel prossimo decennio la fecondità arriverà al livello dei due figli per donna, forse anche meno. Questo è sorprendente perché, ancora negli anni 80, in quel paese il controllo delle nascite, a parte alcune aree più urbanizzate, era scarsamente diffuso.
Quindi il pessimismo di qualche anno fa non è più giustificato?
Personalmente non sono mai stato pessimista. Però diciamo che quello che sembrava un processo di crescita molto rapido, con scarsa potenzialità frenante, ha messo in azione rapidamente dei freni efficaci. Ovviamente questo non vuol dire che le disuguaglianze di comportamento siano minori, anzi. Nei paesi in via di sviluppo coesistono aree in cui ormai le coppie hanno una sufficiente capacità di controllare la loro fecondità, e avere quindi solo i figli che desiderano, e zone in cui continua a non esistere alcun controllo. In gran parte dell’Africa subsahariana, per esempio, benché anche lì sia segnalato qualche piccolo cambiamento, il controllo ancora non esiste quasi. Quindi il mondo è ormai molto variegato, e questo va tenuto in conto. Non è che si va facilmente verso un livellamento, però, nel complesso, se guardiamo ai grandi dati aggregati certamente rileviamo un rallentamento.
Questo è frutto di un cambiamento di costume o anche di politiche mirate?
Su questo c’è un gran dibattito. Certamente ci sono mutamenti di costume. Lo scorso anno accademico ho passato due mesi a insegnare in Brasile, e ho potuto constatare anche di persona che le nuove generazioni non pensano affatto alla famiglia estesa, pensano di controllare la loro discendenza in maniera europea.
Quindi c’è un cambiamento, più o meno forte, ma che certamente deriva da un corrispondente cambiamento di mentalità. Le politiche possono avere in qualche modo accelerato una tendenza, rimuovendo alcuni ostacoli, magari di tipo psicologico o anche tecnico, possono aver facilitato l’accesso agli strumenti di contraccezione, però hanno comunque assecondato un fenomeno che stava già producendosi. Le politiche possono funzionare da lubrificante, da acceleratore del fenomeno, ma certamente non lo creano.
D’altra parte teniamo presente che controllare la propria fecondità è qualcosa che tutti possono inventarsi da soli, non c’è bisogno di manuali medici; se c’è la motivazione necessaria c’è anche il controllo delle nascite.
Per fare un esempio: nelle campagne poverissime dell’Italia centrale degli anni 20 e 30, quando ancora i contadini mangiavano carne, se andava bene, nei giorni di festa, l’analfabetismo era ancora alto, il controllo delle nascite sconosciuto e proibito e la propaganda pro-natalista imperante, succedeva che i contadini facessero solo due figli; la motivazione c’era, gli strumenti si trovavano.
Che ruolo ha l’emancipazione della donna in questo?
Ha sicuramente un ruolo importantissimo. Tutte le indagini lo confermano. Essenzialmente per due ragioni concorrenti. In primo luogo, perché, come sappiamo, negli strati di popolazione più istruiti si diffondono più velocemente abitudini e costumi nuovi, e quindi anche l’accesso alla conoscenza dei metodi di controllo. Dicevo prima che chiunque può scoprire il suo metodo di controllo, però a una donna istruita indubbiamente l’accesso ...[continua]

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