Liliana Radmanovic è nata a Rovigno, in Istria. E’ vissuta a Belgrado fino al 1993, quando ha deciso di venire in Italia. Oggi vive a Bologna.

Prima della guerra la stragrande maggioranza della gente si dichiarava yugoslava. Con la guerra gli yugoslavi sono spariti tutti. Dopo tutto quello che è successo forse è anche un modo di difendersi, per riconoscersi, per sapere dove andare nell’eventuale momento di pericolo. Io non mi sono mai posta questo problema, anzi sono sempre stata molto orgogliosa di essere nata vicino al mare, a Rovigno, che è una bellissima città dell’Istria, in Croazia. Poi ho vissuto a Pola, dove ho frequentato la scuola per infermieri professionali. Infine ho seguito il corso per assistenti sociali all’università di Zagabria; dopodiché ho incontrato il padre dei miei figli, mi sono sposata e sono andata a vivere in Serbia, a Belgrado. Anche il padre dei miei figli all’epoca si dichiarava yugoslavo. Lui è serbo, o meglio ha un cognome tipicamente serbo, e vive a Belgrado. Perché poi, a ben guardare, suo padre era un serbo, però della Krajna in Croazia, sua nonna era tedesca... Insomma, di puro non c’è nessuno.

Io l’ho visto la prima volta in tv, quando apparve in pubblico sentenziando: questo popolo non lo deve toccare nessuno. E ricordo di aver provato subito un senso di nausea, ero da una vicina, e non sono riuscita a trattenermi: "Ma chi è quel cretino?! Dai, o spegni la tv o me ne vado". Era qualcosa che sentivo nella pelle, sentivo che sarebbe stata la rovina del popolo che viveva in quelle aree e non lo nascondevo. Naturalmente ero guardata molto male, perché all’epoca, fino all’inizio della guerra, c’era veramente un’esaltazione, ma non nazionalistica, un’esaltazione proprio per lui. Era una cosa incredibile: io sinceramente non avrei mai potuto immaginare che la gente dall’oggi al domani potesse "innamorarsi" così follemente di Milosevic.
Tutte le macchine avevano la sua foto, la sua immagine era dappertutto, un vero e proprio culto della personalità. E probabilmente sembravo anch’io pazza, perché io vado molto a istinto e il mio istinto mi spingeva a un rifiuto totale di questa persona. Mi irritava moltissimo, la sentivo molto negativa.
Nell’ultimo periodo a Belgrado sono arrivata a sputare al televisore. Non sapevo più cosa fare: uno si sente talmente impotente, ti rendi conto di quanto ti prendono in giro, dell’opera di lavaggio del cervello che ti stanno facendo...
La manipolazione dei mass media infatti aveva raggiunto dei tassi di aggressività incredibili. Suppongo che delle cose simili accadessero anche in Croazia, però in Serbia c’era questo costante, martellante incitamento al nazionalismo da parte di tv, giornali, radio... E’ incredibile cosa possono fare i media, in particolare quando l’economia è a tasso zero e si inizia a cercare un nemico.
Allora, prima si inventa il nemico sloveno, poi l’altro nemico diventa il croato. All’epoca di musulmani non si parlava, anzi sono convinta che nessuno di noi credeva che potesse succedere la Bosnia; nessuno credeva che osassero toccare anche la Bosnia, inventarsi un nemico lì. Perché quelli per tutti noi dell’ex Yugoslavia erano "bosniaci", cioè io ho scoperto le etnie in Bosnia con la guerra. Ma non perché fossi ignorante, ma perché era una cosa assolutamente scontata: chi veniva dalla Bosnia era "bosniaco", punto.
Anche il vittimismo serbo è stato alimentato dai mass media. Del resto, esclusi i centri urbani la maggior parte della gente non aveva alcuna cultura politica.
Per il contadino di un paese, di un villaggio quello che diceva il telegiornale o la tv era sacro, guai! "L’ha detto la televisione". E quando l’ha detto la televisione che "gli sloveni hanno trasferito tutta l’industria, dalla Serbia in Slovenia e che la stessa cosa hanno fatto i croati e poi i croati prendevano le tasse di qua...". E’ chiaro! E’ chiaro che quello diventa il nemico e tu sei la vittima, perché lui t’ha rubato tutto e tu sei povero, e l’inflazione c’è proprio perché quelli lì si sono presi tutto. E poi le cose succedevano talmente in fretta, come i fotogrammi della sequenza di un film, che uno non riusciva nemmeno a soffermarsi a riflettere.

Inizialmente dunque c’era questa euforia per Milosevic, poi man mano che le cose peggiorarono, molti serbi iniziarono ad aprire gli occhi, però lui nel frattempo aveva già preso saldamente il potere: aveva l’amministrazione, la Polizia, una parte dell’esercito. Devo dire che all’iniz ...[continua]

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