Henri Rey, ricercatore presso il Centro studi sulla vita politica francese di Parigi, si occupa del mondo delle periferie urbane. Recentemente ha pubblicato La peur des banlieues, per le edizioni Presses de Sciences Politiques.

Lei si è occupato della paura che ha come oggetto le periferie francesi, dove ha origine tale inquietudine?
Si tratta di una paura vecchia e ricorrente. E’ la paura per i quartieri popolari, per le classi sociali pericolose. Già nel XIX secolo, Louis Chevallier aveva scritto un libro, intitolato significativamente Classes laborieuses, classes dangereuses. E’ sempre esistita una nozione di pericolo legata alla presenza di una popolazione sconosciuta, incontrollabile, venuta dalle campagne o dall’estero, che agli occhi della borghesia delle città risultava difficilmente identificabile. Questa è anche la ragione per cui si sono prodotti veri e propri fantasmi su una popolazione effettivamente più mobile, che viveva in condizioni economiche precarie, spesso costretta, per sopravvivere, anche a dedicarsi ad attività delittuose.
Storicamente, le periferie urbane hanno sempre attivato un’inquietudine legata alla percezione di un pericolo sociale. La Francia del XIX secolo non si fidava dei quartieri e dei sobborghi popolari in ragione del pericolo di sollevamenti sociali. Del resto, la Francia dell’Ottocento di rivoluzioni ne aveva viste parecchie: nel 1830, nel 1848 e nel 1871. E queste insurrezioni avevano sempre avuto origine nei quartieri popolari di Parigi.
Durante il Secondo Impero, con la ricostruzione della capitale e la politica urbanistica condotta dal barone Haussmann, i ceti operai e popolari vennero allontanati dal centro di Parigi. Da questo punto di vista, la Comune del 1871 può essere letta come un ritorno in città delle classi popolari.
In genere, il concetto di banlieue si riferisce alla periferia di Parigi, perché è la più estesa e perché Parigi è un polo di attrazione per la gente di provincia. Il pericolo riferito alle periferie ha assunto un significato sociale e politico più marcato in seguito al costituirsi della cintura rossa intorno a Parigi fra le due guerre. Dopo le elezioni municipali successive alla sua nascita nel 1920 e soprattutto dopo le elezioni municipali del 1935, il Partito Comunista ottenne la guida di molti comuni intorno a Parigi e diede vita alla famosa "cintura rossa". Infine, nell’immaginario collettivo c’è sempre l’idea che la periferia sia sinonimo di sovversione, anche semplicemente a causa del suo sovraffollamento.
Nei trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale il pericolo è parso dileguarsi, almeno fino alla fine degli anni Settanta, quando è iniziato il degrado dei grands ensembles, ossia dei grandi agglomerati popolari, dove erano confluiti gli strati della popolazione più colpiti dalla crisi: disoccupati, lavoratori precari, stranieri. Episodi di violenza, verificatisi all’inizio degli anni Ottanta nei comuni facenti parte della cintura urbana intorno a Lione, come Vénissieux e Minguettes, hanno rinnovato la paura nei confronti di categorie sociali non organizzate politicamente, ma appunto per questo ancora più pericolose.
Anche la componente psicologica ha un suo peso nel nascere di queste paure collettive...
La dimensione fantasmatica è sicuramente un aspetto da non trascurare, è però innegabile la presenza di difficoltà considerevoli in alcune periferie popolari.
Negli anni Cinquanta e Sessanta ci fu il problema di una grave penuria di alloggi a causa delle distruzioni dell’ultima guerra e della lentezza della ricostruzione, aggravata dalla mobilità della popolazione verso le città. La Francia infatti era ancora un paese rurale e la modernizzazione del dopoguerra ha significato soprattutto l’urbanizzazione della popolazione rurale. Infine, il ritorno dei coloni francesi dall’Algeria ha reso la situazione ancora più critica, perché in pochissimo tempo si è dovuto dare alloggio con un forte intervento dello Stato a più di un milione di persone. Nel secondo dopoguerra si sono verificati movimenti demografici importanti, cui si è fatto fronte costruendo dei grands ensembles, ossia degli agglomerati di condominii, previsti per durare una trentina d’anni. Non vi è stata una riflessione seria sull’ipotesi che i nuovi quartieri popolari potessero costituire un vero tessuto urbano: sono stati allestiti con strutture di servizio insufficienti e con materiali di scarsa qualità.
Tuttavia, dopo la costruzione di questi ...[continua]

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