Cesare Vurchio, operaio in pensione, anarchico, vive a Milano.

Con Pino ci siamo conosciuti nel ’65 e per tutti e due la gioventù era già passata: lui aveva trentasette anni e io trentaquattro. Con lui c’è sempre stata un’amicizia particolare, molto forte, più stretta che con gli altri compagni. Probabilmente questo succedeva perché eravamo tutti e due operai e ambedue avevamo già una famiglia, ma certo anche per il mio carattere riservato e chiuso, che mi faceva sentire un po’ intimorito nei confronti dei compagni studenti e universitari. Pinelli, invece, era proprio alla mano e, pur essendo autodidatta, era maggiormente in sintonia coi giovani, forse anche perché conosceva il movimento anarchico molto più profondamente di me. Eravamo sempre insieme, ci si frequentava anche con le famiglie perché, facendo tutti e due dei turni di lavoro strani, potevamo far combaciare le nostre ore libere. Comunque anche con tutti gli altri ragazzi del gruppo “Bandiera Nera” c’era un rapporto strettissimo. Eravamo una decina (e solo Pino, io e un altro eravamo operai) ed eravamo considerati, e ci consideravamo, una famiglia. Eravamo tutti talmente affiatati, talmente in sintonia, che praticamente il pensiero dell’uno combaciava sempre con quello degli altri. Questo fatto non era visto tanto positivamente dall’esterno e a volte, durante le riunioni del circolo “Ponte della Ghisolfa”, che comprendeva più gente che non “Bandiera Nera”, qualcuno ci accusava di esserci messi d’accordo prima, ma non era così, eravamo veramente legati da una specie di intelligenza collettiva. Sarà stato un caso particolare, so che è difficile che succeda una cosa del genere, ma a noi faceva piacere, tant’è che a partire da come questo gruppo funzionava, sull’affinità, abbiamo poi cercato di dar vita ai Gruppi Anarchici Federati. La teoria dei gruppi di affinità nasce proprio dalla nostra esperienza che però, dopo i primi anni Settanta, soprattutto con i gruppi non milanesi, non ha retto.

Il circolo “Ponte della Ghisolfa” nacque alla fine del ’67, mentre agli inizi del ’69, appunto sulla base dell’affinità che si era creata, nacque il gruppo “Bandiera nera”, che svolgeva un’attività distinta da quella del circolo, anche se, come ho detto, eravamo molto attivi anche nel circolo.
Eravamo impegnati nelle attività che facevano allora tutti i gruppi della sinistra rivoluzionaria: manifesti, pamphlet, volantini sulle lotte studentesche e su quelle operaie, che distribuivamo la mattina presto, prima di andare a scuola o al lavoro.
Rispetto al nascente movimento studentesco ci fu un grosso dibattito interno che portò alla conclusione che gli studenti, proprio perché studenti, non potevano portare a una rivoluzione o a un cambiamento della società, come invece poteva fare la classe operaia. E’ stata una delle poche cantonate che abbiamo preso, forse l’unica.
Fu un’epoca di grande impegno, eravamo dei militanti proprio tosti, di quelli che vedevano soltanto l’attività, il movimento, ma c’era anche un grande entusiasmo e un gran piacere di stare assieme. Abbiamo passato tante nottate a “tirare” i manifesti con un impianto da serigrafia artigianale, a stampare i volantini col ciclostile o ad attaccare i manifesti in giro per Milano, ma erano cose che non ci pesavano, non sentivamo la stanchezza. Facevamo queste cose raccontandoci della barzellette, giocando fra noi, divertendoci. E’ stato un bel periodo, sia per l’evoluzione politica che per l’evoluzione sociale, come pure per quella personale. Sono nate delle amicizie che durano ancora, degli amori, un “sentire” che ancora accomuna molti di noi.

Pinelli non era noto soltanto nel movimento anarchico, era così attivo e preparato da essere conosciuto da tutta la sinistra, extraparlamentare e non. Era un compagno molto estroverso, molto socievole, sotto certi aspetti anche un po’ ingenuo: gli piaceva discutere con tutti e parlava di anarchismo anche con i poliziotti. Ne parlava addirittura con i preti, come la volta che al “Ponte” venne un prete per benedire il circolo e Pinelli voleva convincerlo -il prete, pensa te!- a diventare anarchico. Un altro prete venne invece al suo funerale.
Quando si parlava del “Ponte della Ghisolfa”, si parlava di Pinelli, per cui ogni volta che c’era qualcosa era sempre Pinelli che veniva cercato, anche se c’erano altri compagni conosciuti. Certamente questo succedeva anche perché a parlare con la squadra politica, che quando facevamo delle iniziative pub ...[continua]

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