Ivo Slis è artigiano gelatiere.

Mi racconti la sua storia di gelatiere in Germania.
Anch’io, come tanti altri, sono partito da Zoldo, dove non c’erano molte alternative occupazionali; tutti facevano i gelatieri in Germania, hanno cominciato a dirmi: "Vieni con noi" e così mi sono deciso a partire. In Germania ero già stato un anno a fare il falegname; avevo già fatto un’esperienza in Italia: a Lodi ho venduto gelati con il carrettino per un paio d’anni, poi un mio collega di Zoldo mi ha invitato ad andare a lavorare con lui in Germania e sono stato con lui per una stagione.
Nel frattempo mia sorella e suo marito, che erano lì da 10 anni, si sono messi per conto proprio, aprendo una gelateria a Brema, per cui ci siamo messi insieme, era il 1961-62. Siccome non si stava tanto male, ho deciso nel ’63 di mettermi per conto mio. Avevo 19 anni, mia madre era qui a Zoldo, mio padre faceva il carpentiere a Genova, per cui ho chiamato mia madre e ho aperto una piccola gelateria a 60 chilometri da dove si trovava il locale di mia sorella e mio cognato. Le risorse erano quelle che erano, mia madre mi ha aiutato con i suoi risparmi, ho fatto un po’ di debiti, però la cosa è andata. Mia madre è stata con me per otto anni, non sapeva il tedesco, mi dava un aiuto in casa e anche in negozio, ho fatto venire su anche una ragazza che mi aiutava. Nel frattempo avevo il grosso problema del militare, perché, se io mancavo, la mamma da sola non poteva andare avanti, un aiuto non si trovava sicché ho fatto il tirocinio per 8 anni, venivo a casa quei due-tre mesi con il permesso del Consolato, arrivavo a Zoldo e dicevo ai carabinieri quando arrivavo. Così, alla fine sono arrivato al congedo illimitato.
Poi la mamma era stanca, cominciava ad invecchiare, per cui ha deciso di stabilirsi in Italia. Questo mi ha creato qualche problema, per cui ho venduto il negozio a dei conoscenti; però, ormai, il lavoro del gelatiere mi piaceva, mi era entrato nel sangue: era il mio mestiere. C’e stato un intervallo di tempo in cui ho fatto altri mestieri, sempre in Germania. Nel 1970, durante una visita a mia sorella ad Amburgo, ho incontrato una ragazza che è diventata mia moglie, l’ho conosciuta in agosto e a febbraio ci siamo sposati. Qui si sono posti una serie di problemi: se vivere in Italia o in Germania, se aprire un’attività o lavorare sotto padrone. Con mia sorella e mio cognato in quel momento non c’era possibilità di lavorare, per cui abbiamo deciso di aprire una gelateria a Wuppertal, dove ce n’era una in vendita. La cosa era comoda perché non ero più nel nord della Germania, ma in Westfalia, quindi più vicino a casa. Siamo partiti in tre, io, mia moglie e un aiuto; mi sono creato di nuovo i debiti con le banche tedesche ed è stata dura.
Era un negozio piccolo alla periferia di Wuppertal; lì abbiamo fatto sei anni. Dopo, nel ’74, è nato il primo figlio e fino al ’76 abbiamo fatto avanti e indietro con il piccolino. Nel ’76 mia sorella ci chiamò perché si era ingrandita e aveva aperto un altro locale, aveva preso casa e si trovava in difficoltà con il personale. Per cui ho di nuovo venduto l’attività, ci siamo messi insieme a mia sorella e mio cognato nel nord della Germania, finché è venuta l’età della scuola anche per il bambino. Qui bisognava decidere se fargli fare le scuole in Italia o in Germania. Abbiamo deciso per l’Italia, il bambino ha cominciato la scuola e viveva con la nonna.
C’erano dei disagi per mia mamma, perché la scuola era in un altro paese, abbastanza distante. Per cui abbiamo preso una casa nel paese dove andava a scuola il figlio, e quindi ancora debiti. Mia moglie, dopo 25 anni di matrimonio, mi prende sempre in giro perché dice che mi ha conosciuto nei debiti e ci troviamo ancora nei debiti, questa è la preghiera di ogni giornata. Per fortuna abbiamo voglia di fare, le banche ti aiutano, ti conoscono, per cui vai avanti, anche se ci sono dei periodi, come cinque anni fa, in cui rischi il fallimento.
Avere la famiglia divisa era comunque difficile, la nonna aveva dei problemi, il bambino sentiva la mancanza dei genitori, noi non potevamo continuare ad andare avanti e indietro: si cercava di fare quel che si poteva, tante telefonate, qualche letterina, qualche regalino. Questo è sempre stato il nostro grande problema: la malinconia, la grande tristezza arrivava la primavera, quando si divideva la famiglia perché era il momento di partire. Il problema era: se i bambini resistono, resistiamo anch ...[continua]

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