Chiara Chiaramonte, 23 anni, di Palermo, e Antonio Castagna, 28 anni, di Corleone, sono fra i fondatori de" I draghi locopei", un’associazione culturale che gestisce una biblioteca a Palermo. Fondata da 18 ragazzi, oggi l’associazione conta 250 iscritti.

Chiara. Noi vorremmo che fosse un luogo narrativo. L’idea di un posto come questo ci è venuta dopo aver fatto, ai tempi della "pantera" all’università, un’esperienza al cosiddetto Corpo basso, che è un edificio aggiunto alla facoltà di lettere per ospitare due biblioteche, una di filologia latina e una di filologia greca. Fin dai tempi di quell’occupazione, il Corpo basso è stato gestito interamente, dal pomeriggio alla sera, da studenti, quindi con orari allungati, senza nessuna costrizione. E questo, senza che venisse meno alla sua funzione di biblioteca, lo ha fatto diventare un luogo aperto ad altre esperienze. A noi ha dato la possibilità di avere un luogo dove ritrovarci fisicamente, ma anche dove riunirci e discutere di modi diversi di fare didattica -tra l’altro, è stato sede di tantissimi seminari-, dove ci si poteva incontrare con persone dalle esperienze diverse, dedite ad altri impegni: dai cattolici popolari, che dovevano fare la loro riunione, ai ragazzi che dovevano provare per il teatro. Era diventato un luogo realmente pubblico, con orari assolutamente elastici: era diventato un posto di aggregazione. L’occupazione dell’università a molti sembra un fallimento, perché la legge contro cui si lotta passa lo stesso, perché gli obbiettivi non vengono raggiunti. Però, se si va a vedere, la vittoria sta nel fatto di riuscire a vivere uno spazio nuovo con un tempo diverso da come era destinato, di riuscire a percepire le diverse possibilità di uno spazio, di un tempo, di uno studio.
Il Corpo basso fu questo: tanti studenti si trovarono ad avere un luogo in cui poter studiare con una certa libertà e potersi confrontare su quello che studiavano, un luogo che permetteva di socializzare con persone che avevano interessi totalmente diversi. Ci furono problemi di sovraffollamento, perché venivano anche ragazzi di ingegneria e di altre facoltà, non solo di lettere. Direi che la pluralità di questi interessi ha generato cose molto buone: seminari di antropologia che accoglievano anche ragazzi di architettura oppure seminari di ecologia politica...
Quell’esperienza è stata la base di partenza per continuare, una volta usciti dall’università. Infatti, anche il posto dove siamo ora è una biblioteca, ma particolare, perché non chiude le porte ad altre possibilità di vivere questo spazio. Per esempio, l’arredo della prima stanza, della sala di lettura, è stato progettato perché l’ambiente fosse multifunzionale, non soltanto una sala di lettura, ma anche, a seconda delle esigenze, uno spazio privo di ingombri, adatto per fare mostre, incontri pubblici, presentazioni di libri: i tavoli si smontano, le mensole da muro si abbassano...
Ecco, un altro aggettivo per questo posto che mi piacerebbe usare è "denso". Un posto dove far fruttare le energie di ognuno, dove poter raccogliere le varie possibilità che abbiamo, che sono tante. Ognuno di noi sa fare delle cose. Il fatto che persone, con specificità diverse, si ritrovino tutte insieme a lavorare agli stessi progetti, unendo le energie, a me dà il senso della densità.
La nostra associazione prende il proprio nome da un libro, intitolato appunto I Draghi Locopei, di Ersilia Zamponi, un’insegnante di scuola media, che ha narrato in questo libro una serie di esperienze sul linguaggio fatte con i suoi ragazzi, dimostrando come, di fatto, noi giochiamo con le parole. In qualche modo, noi abbiamo a che fare con un linguaggio che può essere plasmato, come forma espressiva e come forma di comunicazione; un linguaggio con cui si può giocare.
Antonio. Un luogo è narrativo non solo se non è funzionalizzato, ma se realmente riesce a modificare le pratiche che vi si svolgono, nel nostro caso quella della lettura. Nella nostra idea questa pratica non deve essere astratta da quello che uno desidera; in un certo senso deve "venire dopo", deve diventare una delle molteplici espressioni di una persona nello svolgersi della giornata, non separata dalle altre attività quotidiane. Per noi la lettura non è fine a se stessa, ma neppure deve essere finalizzata a dare un esame.
Chiara. Noi vogliamo che i libri in una biblioteca vengano considerati un bene pubblico, che non ci siano troppe barriere alla loro consultazione ...[continua]

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