Pier Giorgio Caprioli è responsabile dell’Osservatorio Contrattazione della Cisl lombarda.

In questi ultimi anni avete riscontrato un aumento significativo dei contratti aziendali che si occupano di welfare. Può raccontare?
La crisi ha avuto un impatto abbastanza evidente sulla contrattazione e il primo effetto è stato una diminuzione della contrattazione del salario.
I dati a cui faccio riferimento arrivano al 2011 e riguardano la Lombardia. Ecco, già rapportando il 2010 con il 2011 registriamo un forte aumento degli accordi sul welfare, che si attesta sul 60%. Sono aumentati anche gli accordi sull’ambiente, sull’inquadramento, sull’orario e sulla formazione. Il salario invece è calato del 18,5%.
Ovviamente il salario resta sempre l’argomento più gettonato, però è significativo che, restringendosi le risorse a disposizione, gradualmente si è passati dal rivendicare salario al rivendicare invece miglioramenti normativi che hanno anche degli effetti salariali, ma indiretti.
Cosa prevedono questi accordi sul welfare?
Tra i 203 accordi sul welfare pervenuti, 44 sono sulla previdenza integrativa, 36 sull’assistenza sanitaria, 12 sugli asili e gli asili nido, 17 sui lavoratori stranieri, 34 sulle fasce povere della popolazione, 109 su altri temi (in particolare maternità, malattia, diritto allo studio). Molti riguardano più temi contemporaneamente.
In concreto gli accordi prevedono una partecipazione delle aziende alle spese (private) sostenute per affrontare questi problemi. Quindi per il diritto allo studio, l’azienda eroga borse di studio o partecipa al pagamento delle tasse e dei libri di testo; in caso di maternità sono previste integrazioni al trattamento contemplato dai contratti nazionali, ulteriori permessi retribuiti rispetto a quelli canonici, ecc.
Per esempio, la Lindt di Varese ha introdotto, mi pare, 150 euro al mese per i lavoratori che hanno figli all’asilo nido. Non copre tutta la retta però una parte significativa e comunque per il lavoratore sono 150 euro in più al mese, che non sono pochi. L’esperienza di welfare più ricca è alla funzione pubblica di Brescia, alla Fondazione poliambulanza danno 405 euro al mese ai dipendenti con un figlio all’asilo nido. Un accordo molto particolare lo fa la Flowserve (metalmeccanici della Brianza): per ogni nascita, l’azienda dà un kit per il neonato con carrozzina eccetera e mille euro al dipendente, al genitore. Alla Fisascat di Cremona, il commercio, abbiamo un’integrazione al 100% (anziché all’80%) della maternità obbligatoria e permessi non retribuiti da sei mesi a tre anni del figlio in caso di malattia.
Parlando di sanità integrativa, la Filca, i nostri edili, ha aperto da sola il fondo Arcobaleno e ha avuto l’intelligenza di tenerlo aperto anche ad altri settori. Alla Banca Popolare di Bergamo, hanno ottenuto un contributo aziendale del 6% al fondo di pensione integrativa. Poi c’è tutto il capitolo dei benefici per i lavoratori stranieri. Loro per esempio hanno bisogno di poter accorpare le ferie e i permessi.
Un esempio invece di buono spesa è il Centro stampa quotidiani, la categoria della Fistel di Brescia, che segue la filiera della comunicazione quindi si occupa sia delle emittenti indipendenti della televisione, sia dalla stampa di quotidiani e dei cartotecnici.
In questi anni noi abbiamo cercato di agevolare lo spostamento del tiro della contrattazione dal salario ad accordi che integrano il welfare. Il welfare pubblico già oggi non copre le spese per gli asili, il diritto allo studio, la maternità e i problemi sanitari. Noi rivolgiamo particolare attenzione a questa fascia perché, a nostro parere, la domanda di welfare è crescente e invece le risorse pubbliche a disposizione se va bene sono stabili, ma più verosimilmente sono in calo. Quindi è giusto spostare una parte delle piattaforme da benefici che vanno a tutti, come quelli salariali, a benefici che vanno solo a quei lavoratori che in particolari momenti della loro vita hanno dei bisogni specifici. Per dire, degli asili nido beneficiano solo i lavoratori che hanno dei figli di 1-2 anni, degli asili chi ha bambini dai 3 ai 5 anni. Il diritto allo studio è già più esteso, va dalla scuola elementare all’università, però è chiaro che almeno una parte di questi diritti di welfare incontra una fascia di lavoratori, non tutti.
Ci sono anche interventi di welfare che interessano tutti, come le integrazioni della previdenza e i fondi di sanità integrativa, che però so ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!