Adriana Luciano è docente di Sociologia dei processi economici del lavoro all’Università di Torino; è responsabile scientifica dell’Atlante delle Professioni (atlantedelleprofessioni.it), un osservatorio delle professioni in uscita dai percorsi universitari. Ha curato, tra l’altro, Politiche del lavoro. Linee di ricerca e prove di valutazione, Franco Angeli, Milano 2002,

Nel nostro paese, pur essendoci meno giovani che in passato e anche meno laureati che in altri paesi, il tasso di disoccupazione giovanile resta elevato. Molti imputano il problema al fenomeno del mismatch, cioè al non allineamento tra offerta di laureati e domanda delle imprese. Lei da tempo si occupa di orientamento, può spiegarci qual è la situazione?
Per misurare il mismatch non bastano i tassi di occupazione, i settori, le forme contrattuali, devi sapere cosa fanno le persone. Servono cioè dei dati sull’inserimento nel mercato del lavoro dei giovani per professione. Siccome questa cosa è abbastanza complicata, in attesa di avere strumenti migliori, abbiamo preso i micro dati delle forze di lavoro isolando la popolazione laureata entro i 34 anni. Abbiamo preso in considerazione il mercato del lavoro del Nord perché se non guardiamo l’Italia a fette non capiamo niente.
Dopodiché abbiamo provato -per gruppi disciplinari- a vedere intanto come funzionano i tassi di occupazione, disoccupazione e le forme contrattuali. Ma poi anche i tipi di professione svolta.
Intanto abbiamo visto quanta parte dei laureati di una determinata area svolgono professioni di tipo tecnico specialistico, o dirigenziale, e poi invece quelli che fanno gli impiegati, gli operai. Poi di questi abbiamo cercato di vedere le professioni svolte e con questo siamo in grado, gruppo disciplinare per gruppo disciplinare, di capire dove c’è una maggiore coerenza.
Per misurare il mismatch, cioè la coerenza o meglio l’incoerenza, tra competenze, conoscenze acquisite, il titolo di studio diciamo, e quello che si va a fare nel mercato del lavoro, bisogna guardare in profondità. Noi parliamo di coerenza verticale e orizzontale. La coerenza verticale è quella che riguarda la "posizione” nelle professioni. Riteniamo che si possa parlare di coerenza se un laureato sta nei gruppi 1, 2, 3 dell’Istat (cioè dirigenti, imprenditori, professioni intellettuali scientifiche e di elevata specializzazione e professioni tecniche) perché se sta sotto vuol dire che svolge dei tipi di attività per cui mediamente non è richiesta la laurea. La coerenza orizzontale, invece, è qualitativamente definita dal "tipo” di professione che le persone vanno a fare.
Noi osserviamo che ci sono dei gruppi disciplinari in cui la coerenza è massima, segnatamente ovviamente l’area delle professioni sanitarie dove abbiamo un grado di coerenza molto elevato. Poi abbiamo delle situazioni in cui c’è una discreta incoerenza anche di tipo verticale. Per esempio, in un settore dove il lavoro c’è, che è quello dei laureati in Economia, in realtà molti vengono assunti come impiegati semplici. Questi sono fenomeni diffusi di downgrading del valore dei titoli di studio. Il laureato in Economia, che fino a 15 anni fa veniva messo in posizione specializzata, oggi lo schiaffano allo sportello in banca, lo mettono a fare l’impiegato delle paghe e dei contributi senza prospettive di carriera.
Poi c’è una discreta incoerenza nell’area giuridica, perché la facoltà di Giurisprudenza continua a pensare di formare magistrati, avvocati, notai, in realtà la maggior parte della gente fa altro e siccome negli ultimi anni la pubblica amministrazione ha reclutato poco ed era un datore di lavoro di prima istanza, lì c’è anche una dispersione delle professioni molto alta e anche un downgrading dal punto di vista della coerenza verticale.
Nelle aree umanistiche c’è molta dispersione orizzontale, ma lì il dubbio è che effettivamente si tratti di lauree che aprono a molte possibilità di lavoro nel terziario, che quindi questo sventagliamento di sbocchi professionali non necessariamente sia negativo.
Tutto questo per dire che non ha tanto senso parlare di mismatch in generale, bisogna entrare molto nel particolare. Questo molto nel particolare peraltro dà delle indicazioni che vanno lette di volta in volta. Sicuramente ci sono dei tipi di laurea che sono molto flessibili e adattabili ai diversi contesti; tipicamente il laureato in Scienze politiche che una volta andava a lavorare nella pubblica amministrazione adesso che que ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!