Maurizio vive a Roma. è membro di Alcolisti Anonimi.

Puoi raccontarci la tua storia?

Mi chiamo Maurizio e sono un alcolizzato. Sì, mi definisco ancora un alcolista.
La mia storia è abbastanza semplice: io ho sempre bevuto, fin da bambino; a casa non mancava mai il vino a pranzo e a cena. Intorno ai 17-18 anni, c’è stato l’incontro con le prime canne, le prime pasticche, i primi acidi... Dapprima era una cosa sporadica, limitata al fine settimana. Poi sono cominciate ad arrivare le prime sbronze, però non è che gli dessi peso: era un divertimento, il completamento di una settimana di lavoro, si stava con gli amici... All’epoca andavamo in discoteca o in case private, c’erano delle ville adibite a queste feste. Comunque per me non era un problema, assolutamente, anzi, era un piacere, un modo per trasgredire.
Questa situazione è andata avanti per un po’. Intanto le sbronze erano sempre più frequenti e cominciava a esserci qualche problema a livello lavorativo nel senso che qualche volta non ci andavo perché la sera prima avevo bevuto troppo.
A un certo punto della mia vita c’è stato anche l’incontro con la cocaina. Un incontro cercato, voluto, e piacevolissimo sotto un certo aspetto perché mi faceva stare bello sveglio anche se bevevo, non mi dava quel senso di intorpidimento che mi potevano dare le canne. Tant’è che mi son detto: "Ma chi ti manda?”. Mi sentivo pure più efficiente, più figo, ma soprattutto vedevo che con la cocaina riuscivo a bere tranquillamente, anche in maniera eccessiva senza avere grossi problemi. Al lavoro andava bene, a casa andava bene, tutto funzionava per il meglio. Ho pensato: "Ho trovato il mio paradiso!”... Certo, era un paradiso un po’ costoso, però io ho sempre lavorato, per cui riuscivo in qualche modo a barcamenarmi.
Quindi sembrava andare tutto bene.
Dopo un po’ però la cosa non era più limitata al sabato e alla domenica. Me la portavo a casa, e poi non lo facevo più in compagnia, ma da solo. Avevo anche cominciato a bere la mattina presto.
Sono cominciati i primi problemi. Intanto materiali, nel senso che iniziavano a scarseggiare i soldi, ma anche fisici: ero ingrassato abbastanza e in generale non mi sentivo un granché bene. D’altra parte, le sbronze non erano più roba di una volta a settimana, ma anche di due o tre volte al giorno. Il mangiare era diventato irregolare: o mangiavo con voracità oppure non mangiavo per nulla. E poi dormivo poco e quando accadeva collassavo.
E così è arrivato il primo ricovero. Era il 1988. Sono andato in un centro benessere e in quindici giorni mi hanno disintossicato. Dentro di me dicevo: "Vabbé, ho risolto il problema”. Non avevo pensato di smettere, bensì: "Adesso ho capito che devo andarci più piano”. Il mio problema era farlo con discrezione, in modo adeguato, preciso, insomma, volevo gestire la situazione. La parola "gestire” è stata ricorrente nel mio percorso. E quindi, senza neanche pensarci troppo, piano piano, ho ricominciato: la prima birretta, la prima botta, la prima birretta, la prima botta… per fartela breve, in poco tempo stavo peggio di prima.
Questi ricoveri in clinica si sono susseguiti per ben sei, sette volte. Intanto c’erano stati degli incidenti con la macchina e poi le liti in famiglia. Io ero sposato, avevo una figlia e in quel periodo stava nascendo la seconda. Devo dire che se non ci fosse stata mia moglie, se non ci fosse stato mio fratello, se non avessi avuto la famiglia, non lo so come sarei finito. Il fatto è che pure loro, poverini, era limitato quello che potevano fare, l’ho capito dopo.
Così continuavo a dar loro dei dispiaceri e a farmi del male. Moralmente ero a pezzi, la parola giusta, anche se è brutta, è che mi facevo schifo.
La situazione era incontrollabile. Però io ancora non avevo capito bene. Quando ho infine collegato il mio malessere all’uso delle sostanze è cominciato l’inferno. Perché a quel punto, avendo preso coscienza del mio stato, ho cominciato a pensare: "Adesso devo smettere sul serio, adesso basta”. E non ci riuscivo. Provavo e riprovavo, ma non ci riuscivo. E più provavo senza riuscirci più mi facevo male. Quello è stato il vero inferno sulla terra ed è durato a lungo, sei anni.
Com’è avvenuto l’incontro con gli Alcolisti Anonimi?
Fino a quel momento avevo sempre provato da solo: entravo in clinica, ci stavo dieci-quindici giorni, ma poi appena uscivo, patapum. Sempre! Eppure rimanevo convinto di potercela fare: "Adesso non lo faccio pi ...[continua]

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