Matteo Speroni, giornalista, e la moglie Barbara Pianura, architetto, sono residenti di via Padova; Asfa Mahmoud è presidente della Casa della Cultura islamica ubicata nella stessa via; Massimo Conte vive con la famiglia in via Padova e si occupa, con l’agenzia di ricerca sociale Codici, di ricerca e intervento con i ragazzi delle bande di strada.

Via Padova è arrivata sulle prime pagine all’indomani dell’uccisione di Ahmed Abdel Aziz El Sayed, ma qual è la storia di questo quartiere e come l’avete visto cambiare?
Matteo Speroni. Via Padova fino a una decina di anni fa aveva una storia simile a quella di altre zone milanesi: una periferia che, grazie anche all’allungamento della linea metropolitana, si era avvicinata alla città. Già questa è una prima piccola anomalia rispetto ad altri quartieri che, per il motivo opposto, sono rimasti isolati. Penso a Quarto Oggiaro, o alla stessa via Ripamonti che, volendo, è più vicina ma non ha il metrò.
Soprattutto nel dopoguerra via Padova è stata una delle zone di più intensa immigrazione dal sud Italia, dalla Puglia soprattutto, ma anche da Sicilia, Calabria e Campania.
Io ci abito da vent’anni, dal 1990. Ecco, da una decina d’anni l’immigrazione è iniziata ad arrivare da tutto il mondo: Nord e Centro Africa, Sudamerica, Bangladesh, Est Europa, Cina…
In questi giorni, nelle varie interviste, ho sentito dire che fino a pochi anni fa questa era una zona tranquilla, e solo poi... Non è vero, perché via Padova era tradizionalmente una zona di ligera, di vecchia malavita milanese legata alla darsena, al porto; in via Arquà c’era uno dei più grandi centri dello spaccio di eroina negli anni ‘70... Insomma, una zona tranquilla nel senso della legalità e dell’ordine non lo è mai stata.
E’ chiaro che da un punto di vista della percezione visiva, un’immigrazione così diversificata per usi, costumi, colore della pelle, dà l’idea di maggior disordine, fa più paura probabilmente.
La connotazione particolare di "laboratorio”, come dicono i sociologi, multietnico e multiculturale comunque è di questi ultimi anni.
Asfa Mahmoud. Io sono in Italia da ventotto anni e in via Padova da più o meno ventisei anni, quindi credo di conoscere ormai abbastanza bene la zona.
In realtà l’immigrazione in via Padova risale agli anni ‘80, con una prevalenza di egiziani, perché all’epoca c’era un accordo tra l’Italia e l’Egitto (e anche con la Siria) per il rilascio di permessi di soggiorno per lavoro.
Già allora erano sorti dei problemi, però il Comune di Milano in qualche modo interveniva per tamponare le situazioni di disagio. Dopo la legge Martelli dell’88 questo paese è diventato la destinazione di flussi migratori da tutti i paesi del Nord Africa e non solo. Forse, almeno a Milano, via Padova è stata la prima via ad essere abitata dagli stranieri. Non a caso era nato anche un centro culturale, il centro islamico di Milano, che era in via Anacreonte.
A partire dagli anni ‘90, l’immigrazione ha iniziato a riversarsi su tutta Milano, oltre che nel resto del paese, cogliendo tutti impreparati, perché nessuno se l’aspettava. Tuttavia il lavoro non mancava e anche la politica delle case popolari era diversa, per cui in un modo o nell’altro la situazione è stata gestita.
Inquesti ultimi anni la situazione si è aggravata anche per una crescente presenza di immigrati clandestini, che in parte è l’effetto delle politiche dei flussi e della fine delle sanatorie. Comunque questa popolazione, che non può svolgere regolare attività lavorativa, non può essere assunta, non può aprire un conto corrente e quindi è invisibile e però esiste perché deve vivere, trovare una casa, da mangiare, lavorare, ha talvolta contribuito a creare un’immagine negativa dell’immigrazione, perché una situazione di illegalità formale apre la strada a comportamenti devianti.
Purtroppo, a fronte di una situazione che diventava più problematica, l’amministrazione, anziché intervenire, ha abbandonato il quartiere al suo destino.
Io resto convinto che via Padova potrebbe essere un modello di convivenza pacifica tra le culture. Io non credo alla guerra tra italiani e stranieri, non credo al razzismo che cresce. Vedo invece che alcune aree politiche stanno seminando odio. Ma in realtà non esiste un conflitto, né tra italiani e stranieri, né tra le diverse etnie. Anche questa uccisione è un caso isolato.
Questo non vuol dire che non ci siano problemi. Il disagio è palpabile, ma è dovuto al fatto ...[continua]

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