Giuseppe Burgio è dottore di ricerca in Pedagogia Interculturale e attualmente ricercatore in Pedagogia all’Università di Palermo; oltre a Mezzi maschi. Gli adolescenti gay dell’Italia meridionale. Una ricerca etnopedagogica, per le edizioni Mimesis ha pubblicato La diaspora interculturale. Analisi etnopedagogica del contatto tra culture: i Tamil in Italia (Pisa 2007).

Il tuo libro è il risultato di una ricerca, e di un’esperienza, fatta fra giovani adolescenti omosessuali. Ce ne puoi parlare?
Sì, è stata un’indagine sulla costruzione della maschilità in adolescenza di studenti omosessuali, su come si fa, cioè, a costruirsi un’identità maschile in un contesto in cui i compagni non ti considerano maschio, ma ti considerano una mezza femmina. Uno dei presupposti della ricerca, infatti, è che l’omosessualità non sia uguale ovunque e che attualmente in Italia si confrontino due modelli, quello che Barbagli e Colombo definiscono dei gay moderni, che è quello che noi conosciamo, del gay pride, dei pub gay, dell’orgoglio gay e che è rappresentato dal dichiararsi, dall’avere visibilità pubblica, con storie di coppia anche lunghe, tra due persone che si dichiarano entrambe omosessuali e che hanno un’alternanza di ruolo sessuale sia attivo che passivo. L’altro modello, quello su cui ho concentrato il mio lavoro, esiste ancora nel sud in maniera residuale ed è costituito dalla cosiddetta omosessualità mediterranea, in cui i soggetti che si dichiarano omosessuali hanno rapporti occasionali con uomini eterosessuali dal ruolo sempre attivo. In questo caso il carico simbolico del rapporto sessuale viene sostenuto solo dall’omosessuale, in quanto l’eterosessuale non pensa di avere avuto un rapporto omosessuale, cosa che invece tecnicamente è. Insomma, chi è attivo è maschio, sia che vada con uomini che con donne, chi è passivo è femmina, donna o omosessuale che sia. Io penso che questo modello mediterraneo sussista non solo al sud (in Sicilia, dalle storie che i ragazzi raccontano, è ancora molto presente) ma anche in altre parti d’Italia, nei ceti sociali più bassi, in provincia più che in città. Spesso, poi, al sud i due modelli coesistono. Questi ragazzi possono passare una serata in un pub gay che funziona un po’ come quelli del nord Italia e poi andare a cercare sesso in un parco dove funziona il modello della sessualità mediterranea. La compresenza di questi due modelli crea negli adolescenti omosessuali al sud una difficoltà in più, perché mentre al nord devono "semplicemente” aderire a un modello confezionato, al sud devono scegliere tra due modelli che hanno implicazioni diverse rispetto alla costruzione della soggettività. Mentre il modello gay del nord Italia prevede l’orgoglio dell’essere omosessuale, riconosciuto come un orientamento sessuale accanto a quello eterosessuale, nella sessualità mediterranea l’omosessuale è uno venuto male, uno difettoso, mezzo maschio e mezza femmina.
Così diventa molto più difficile costruirsi come soggettività adulte e serene.
Veniamo alle problematiche più generali degli adolescenti omosessuali...
Una di queste è certamente il rapporto con i genitori. Spesso la notizia dell’omosessualità del figlio è uno stress emotivo per la famiglia e le reazioni sono le più varie. Manuel, un ragazzino che ho intervistato, racconta che quando lo ha detto alla madre, questa ha preso una bottiglia di vetro e gliel’ha tirata addosso ferendolo, ho visto la cicatrice. I genitori di omosessuali sono spesso impreparati a questa notizia e allora devono essere i figli a fare consulenza, devono comprendere, spiegare e gestire le emotività dei genitori.
Secondo me la differenza fondamentale è tra genitori che buttano fuori di casa e genitori che non buttano fuori di casa. I genitori che dicono: "Non sono d’accordo, questa cosa non la capisco” ma mantengono un rapporto affettivo di riconoscimento, ottengono un effetto di protezione rispetto alla stabilità emotiva dei figli. Dovessi pensare a una pedagogia della famiglia per i genitori di adolescenti omosessuali direi che è fondamentale non chiudere i canali di comunicazione. Anche se non è facile perché socialmente l’omosessualità rappresenta ancora una serie di cose negative: l’impossibilità di diventare nonni, la paura che il figlio vada incontro a una vita difficile, il terrore di malattie, la vergogna verso i vicini, ecc. In questo, credo sia cruciale il rapporto con il padre. Lo dico perché in genere è il rapporto che div ...[continua]

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