Walburg De Jong fa parte dell’Associazione olandese per l’eutanasia volontaria (Nvve).

L’Olanda è stato il primo paese in Europa a legalizzare l’eutanasia. Può spiegarci come funziona e con quali risultati?
La legge è entrata in vigore nell’aprile 2001 e stabilisce che il medico che compie un’eutanasia non sia penalmente perseguibile se rispetta scrupolosamente la procedura. Ora, i criteri per un trattamento medico adeguato prevedono che ci sia una richiesta consapevole e volontaria da parte del paziente, che sia stato riscontrato un livello di sofferenza intollerabile, senza speranze di miglioramento (per quanto sia difficile stabilire quale sia la “sofferenza intollerabile”), che non ci siano alternative, che il paziente sia accuratamente informato sulla sua malattia e infine che sia stato raccolto un parere favorevole di un altro medico.
Qualora il dottore rispetti l’intera procedura, ha la facoltà di ricorrere all’eutanasia.
Dopo che l’atto eutanasico è stato compiuto interviene il coroner, proprio perché l’eutanasia non è morte naturale: se il procuratore non riscontra problemi procedurali, allora la famiglia può seppellire o cremare il corpo.
A quel punto, il rapporto del dottore che ha compiuto l’eutanasia, del secondo dottore che ha esaminato il paziente, quello del coroner e, se c’è, il testamento biologico del paziente, arrivano in uno dei cinque comitati di revisione che abbiamo in Olanda, composti da un avvocato, un medico e un esperto di questioni etiche, che decidono se il dottore ha agito con la dovuta cura oppure no.
E’ vero che da quando è stata introdotta la legge le richieste di eutanasia sono diminuite?
Da quando la legge è entrata in vigore, in effetti, c’è stata una certa diminuzione del numero dei casi. I motivi sono vari. In Olanda abbiamo svolto quattro grandi indagini sul fenomeno, una nel 1990, una nel 1995, poi nel 2001 e nel 2005. Quest’ultima la attendevamo con ansia, perché era la prima dopo l’introduzione della legge.
L’indagine, condotta tra i medici, ha rinvenuto meno casi di eutanasia rispetto al 2001, l’ultimo anno prima della legge. Qui le ragioni sono molteplici. Uno dei motivi è sicuramente che nel 2005, in generale, in Olanda sono morte meno persone che nel 2001, prima dell’introduzione della legge; inoltre, sono morti più ultraottantenni, che tradizionalmente fanno meno ricorso all’eutanasia.
Sicuramente un ruolo l’ha avuto anche l’aumentato ricorso alla sedazione terminale e alle cure palliative, cui si ricorre sul finire della vita. Tra l’altro, mentre le cure palliative servono sostanzialmente a sedare il dolore, la sedazione terminale viene utilizzata in presenza di sintomi per i quali non si può fare nulla. Qui il problema non è solo il dolore, ma, ad esempio, anche l’angoscia estrema che assale chi sta per morire, così, il paziente viene “addormentato”.
Il numero delle richieste di eutanasia accolte è pari a un terzo del totale. Dipende dalla rigidità dei criteri o c’è anche qualche forma di scoraggiamento?
In primo luogo, va detto che a nessun medico “piace” fare ricorso all’eutanasia; dunque, se non è strettamente necessario, non portano le richieste fino in fondo. E’ vero, a fronte di circa 9000 richieste, i casi che giungono all’eutanasia non sono nemmeno un terzo.
Qui però c’è un fenomeno interessante, che proprio la legge ha fatto emergere. Il solo sapere che, nel caso lo si desiderasse, il medico sarebbe disponibile a praticare l’eutanasia, dà una certa serenità al paziente.
Così succede che in alcuni casi i pazienti in qualche modo si tranquillizzino, esitino, consci che quando la malattia peggiorerà, il medico sarà comunque disponibile ad aiutarli… A quel punto cosa succede, che magari si comincia a rimandare l’appuntamento: “La settimana prossima è Natale” oppure, “Si avvicina il compleanno di mio nipote” e allora magari uno vuole provare a esserci, per Natale, o per il compleanno del nipotino.
Ma questo paradossalmente accade proprio perché comunque il malato sa di poter scegliere e decidere il momento in cui porre fine alla sua vita. A volte, in questo modo, la gente è disposta ad andare avanti, ad aspettare, e in un terzo dei casi effettivamente succede che questi malati alla fine muoiano di morte naturale…
Poi c’è un altro terzo del totale in cui alla fine, o all’improvviso, è il medico a tirarsi indietro, a dire: “No, non lo farò…”. Spesso sentiamo storie del genere dai pazienti, o dai loro familiari: il dotto ...[continua]

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