Roberto Fasoli, già segretario generale della Cgil, tra i fondatori del Pd, insegnante, vive a Verona.

Partiamo dall’esito elettorale. Com’è andato il Pd?
Il risultato è stato certamente al di sotto delle aspettative. E non mi riferisco all’ipotesi di un pareggio o addirittura di un sorpasso. Il risultato va poco oltre i dati della Camera delle elezioni precedenti e presenta uno scarto tra Camera e Senato che segnala che non è affatto vero che noi abbiamo fatto presa nelle fasce giovanili.
Se andiamo a vedere la scomposizione scopriamo che, almeno al nord, l’elettorato giovanile vota in modo consistente la Lega, vota il doppio dell’elettorato maturo la destra e vota un poco di più in termini percentuali per il Pd, quindi non ci sono grandi risultati dal punto di vista dell’appeal verso il mondo giovanile.
Gli analisti poi ci stanno spiegando che non c’è stato lo sfondamento al centro, c’è stato un fenomeno di astensionismo di centrosinistra, un pezzo di voto utile traghettato dalla sinistra alternativa verso il Pd, e basta.
Direi che la prima considerazione da fare è che abbiamo una forza potenziale, che supera il 30%, che con politiche adeguate può crescere e può anche spingere per un riposizionamento della sinistra alternativa su posizioni riformiste ancorché radicali (invece che genericamente di contestazione). Però questo è un risultato in potenza, non in atto. Io dico che in qualche modo il Pd non è ancora nato, è iscritto all’anagrafe, è identificabile, ha appunto un certificato di nascita, ma non ha ancora definito le sue caratteristiche, né rispetto all’assetto organizzativo, né a quello politico programmatico, perché un conto è fare un programma elettorale, un conto è fare un programma per un partito. E comunque un programma prima che sulla carta si vede nella pratica, cioè la carta dei valori non basta scriverla, bisogna praticarla, anche nel modo in cui si costruiscono le candidature, i gruppi dirigenti, nel modo in cui si promuovono le persone a ruoli di responsabilità.
Ora, al di là dei ragionamenti prettamente politicisti, se la tornata elettorale sia arrivata troppo presto o meno, a me qui interessa il dato sociale. Di questo bisognerà tornare ad occuparsi seriamente perché l’insediamento sociale del Pd rischia di non corrispondere più a quello che era l’insediamento di provenienza principale dei partiti che l’avevano costituito. Le elezioni ce lo hanno detto in modo chiarissimo: ci vota un elettorato anziano, pensionati, ci vota una fascia di quarantacinquenni-cinquantacinquenni con posizioni reddituali medio-alte e titoli di studio medio-alti, prevalentemente lavoratori del settore pubblico ed una parte di giovanissimi. Perdiamo in modo consistente nei settori considerati tradizionalmente (secondo me a torto) ostili, cioè piccole imprese, artigiani, commercianti e quant’altro. Perdiamo in modo consistente nella fascia di età 25-45, in particolare 35-45, e nei settori intermedi e soprattutto perdiamo nei settori privati. Ex roccaforti del lavoro operaio hanno espresso anche al nord massicci voti alla Lega.
Ora, l’indeterminatezza dell’insediamento sociale del Pd espone questo partito al rischio di restare allo stato potenziale. Serviranno analisi molto severe e politiche molto accurate per evitare di restare una forza di testimonianza.
Il partito a vocazione maggioritaria è una cosa seria. L’idea dell’autosufficienza con questo insediamento sociale significa condannarsi ad essere minoranza per molti lustri.
Il fatto che sia la Lega la vera vincitrice delle elezioni credo ci debba far pensare. Io mi aspettavo -anche confrontandomi con amici- che la sinistra alternativa portasse a casa un risultato molto contenuto, perché la Sinistra Arcobaleno aveva improvvisato un cartello senza capo né coda, ma da qua a pensare ad un tracollo dei due terzi dei voti fino a scomparire dal parlamento…
Questo significa non solo che il sommovimento sociale è molto più profondo rispetto a quello che qualcuno immaginava, ma anche che la presa di realtà sui settori che questo pezzo di politica attribuiva a sé era assolutamente insignificante. Qualcuno evidentemente continua a parlare delle classi lavoratrici senza conoscerle, senza sapere come stanno reagendo ai cambiamenti, senza immaginare in base a quali criteri decidono il voto.
Tu sei piuttosto critico con il modo in cui sono state fatte le candidature del Pd.
Se è vero che non c’era il tempo per le primarie, come noi avevamo ipoti ...[continua]

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