Sergio Pistone insegna Storia dell’integrazione europea all’Università di Torino. Dirige il periodico federalista Piemonteuropa. Recentemente ha curato, tra le altre cose, la ristampa anastatica del Manifesto di Ventotene (Torino, Celid, 2001).

Eugenio Colorni è una figura troppo spesso ignorata o misconosciuta, nonostante il contributo decisivo che diede alla definizione dei problemi del federalismo e dell’unità europea. Quali sono le ragioni?
E’ presto detto. Nel 1943-44, oltre a essere in stretto contatto con il Movimento federalista europeo, Colorni faceva parte della direzione del Partito socialista italiano, che allora si chiamava Psiup (Partito socialista italiano di unità proletaria). La compagine socialista durante quel periodo, cioè negli anni della Resistenza, e poi lungo gran parte del dopoguerra, non aveva al suo interno una componente favorevole alla federazione europea (tranne la frazione socialdemocratica che si staccò nel 1947). Il Psiup era, invece, legato (e subordinato) al Pci. Il fatto che nel Partito socialista sia mancato a lungo un orientamento federalista ed europeista è la ragione che spiega perché si sia parlato poco di Colorni. In più, bisogna considerare che Colorni è morto nel 1944 (era nato a Milano nel 1909). Per la precisione, il 28 maggio 1944, pochi giorni prima della liberazione di Roma, venne fermato in via Livorno da una pattuglia di militi fascisti della banda Koch: tentò di fuggire, ma fu inseguito e gravemente ferito. Morì in ospedale, sotto falsa identità, due giorni più tardi. Pur avendo avuto, fino ad allora, un ruolo molto importante nel Psiup e nel Movimento federalista europeo (praticamente l’edizione clandestina dell’Avanti! la curava lui e in parte curava anche l’edizione clandestina dell’Unità europea, il primo organo nazionale del Mfe), la morte così precoce nel maggio ’44 gli impedì di sviluppare e diffondere il suo orientamento federalista. E’ significativo ricordare che nel numero 2 de L’Unità europea, agosto 1943, curato principalmente da Colorni, si trova una implicita critica alla posizione ufficiale del Psiup, che subordinava rigidamente l’unificazione europea all’abbattimento del capitalismo. Mentre per Colorni le cose non stavano così: prioritaria doveva essere la federazione europea.
Nel dicembre 1944, in una lettera a Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi definiva la morte di Colorni come una “perdita gravissima” (si veda il carteggio Rossi-Salvemini, a cura di Mimmo Franzinelli, pubblicato da Bollati Boringhieri). Non sono molte le riflessioni che Colorni ha lasciato a testimonianza del suo impegno federalista. Poche, ma di grande importanza…
Il testo migliore di Colorni sul tema del federalismo e dell’unità europea è la sua prefazione al Manifesto di Ventotene. Come sappiamo, il Manifesto, scritto nell’agosto 1941, costituisce il documento fondatore della lotta dei movimenti per l’unificazione federale europea ed è considerato il più importante documento federalista europeo della Resistenza antifascista. Esso fu elaborato in piena seconda guerra mondiale nell’isola di Ventotene, dove erano confinati un migliaio di antifascisti. L’autore principale del Manifesto -il cui titolo completo è Per un’Europa libera e unita. Progetto di un manifesto- fu Altiero Spinelli, e un importante contributo alla sua redazione venne fornito da Ernesto Rossi (tra i fondatori prima di Giustizia e Libertà e poi del Partito d’Azione).
Ma il Manifesto fu anche il risultato di un ampio dibattito, durato alcuni mesi, con Eugenio Colorni.
Colorni era stato arrestato nel settembre 1938, all’inizio della campagna razziale, come ebreo e antifascista militante. Fin dall’inizio degli anni ’30 si era accostato a Giustizia e Libertà, prima al nucleo milanese, poi a quello torinese, intensificando il suo impegno politico intorno alla metà di quel decennio. Dopo l’arresto del nucleo torinese di GL (1935), aveva preso contatto a Milano con il Centro interno socialista di cui era divenuto uno dei principali dirigenti. Arrestato nel settembre ’38, come detto, venne condannato a cinque anni di confino. Questa condanna lo portò, nel periodo 1939-41, a Ventotene, permettendogli di frequentare Rossi e Spinelli, oltre ad altri intellettuali antifascisti che si trovavano al confino sull’isola. Un riflesso delle loro discussioni di allora si trova scorrendo, oggi, le pagine dei Dialoghi di Commodo, scritti da Colorni in collaborazione con Spinelli e pubblicati postumi.
Già n ...[continua]

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