Laura Capantini, consulente psicosociale, è docente di scuola superiore.

Nella vicenda di Erba, ciò che ha colpito è stata non solo la sproporzione delle reazioni, ma soprattutto l’impazienza, per cui anche il bambino che piange diventa insopportabile…
In effetti, quest’aspetto dell’impazienza ha colpito anche me. Tra l’altro, io ascolto molto la radio, e nei giorni successivi, nel corso delle varie trasmissioni in cui si può intervenire, mi ha ugualmente stupito la quantità e qualità dei commenti. In molti, infatti, sfogavano la propria esasperazione rispetto alla vita nei condomini, descritta come “impossibile”, e poi la difficoltà di “sopportare” altre persone…
Qualcuno ha colto l’occasione per proporre una revisione dei regolamenti condominiali. Certo fa impressione la frequenza con cui episodi di questo tipo si ripetono. Su Repubblica è uscita una specie di mappa degli eventi degli ultimi anni, e dal ‘99 in poi quasi ogni anno si sono verificati episodi analoghi, soprattutto nel nord Italia.
Allora, la prima considerazione è che decisamente qualcosa è cambiato, perché è da decenni che le persone vivono in condominio. Non solo, in passato le famiglie erano più numerose, quindi in un appartamento c’erano anche 5-6 persone e dubito che i bambini non corressero, non piangessero…
D’altra parte, tutti hanno avuto brutte esperienze di vicinato, tutti hanno pensato: “Non ce la faccio più, se se ne andassero, se si potesse farli fuori”… Ma tra il pensiero e l’azione c’è uno scarto enorme e il vivere sociale ha come presupposto appunto che le persone riescano a controllare la loro rabbia, la loro forza omicida, l’aggressività, l’intolleranza, la distruttività; tutti elementi che sono dentro di noi. Infatti in questo caso a turbare è stata anche la premeditazione.
Io francamente non ho una risposta. Credo che in episodi come quello di Erba una componente psicologica personale abbia giocato un ruolo sicuramente molto importante: una patologia mai dichiarata esplicitamente, mai diagnosticata, gravi disturbi di personalità. Tuttavia, la possibilità della presenza di una patologia, a mio avviso, non risolve il problema, piuttosto pone un’altra questione: evidentemente si sta instaurando uno stile di vita che non contiene più questo tipo di manifestazioni.
Purtroppo, se si cerca di fare delle valutazioni, è difficile dire cose non banali. Si sta imponendo un modello di vita che va molto veloce e la velocità non facilità il rapporto con gli altri. Le relazioni si costruiscono nel tempo e con il tempo che dedichiamo agli altri. Oggi invece siamo tutti di corsa e poi lavoriamo tanto, quindi siamo più stanchi, irritabili, ci controlliamo di meno e allora qualsiasi imprevisto diventa una cosa intollerabile, insopportabile…
Il valore e l’ideale nella dimensione relazionale che sembra essersi imposto è sempre più quello dell’autonomia, che viene intesa come autosufficienza e finisce con lo sconfinare nell’isolamento: dalla vita in condominio alla villetta col muro di cinta, e guai a chi viene a prendermi un rametto di rosmarino!
Va aggiunto che viviamo in un’epoca in cui i sentimenti di paura ed ostilità sono forti, ma siccome c’è una grande confusione tra le dimensioni del pensare, del sentire e dell’agire, è quest’ultimo -il fare qualcosa- piuttosto che il riflettere e l’esprimere a parole a prevalere e a sbilanciare.
Sta venendo meno la capacità di parlare?
La parola ci aiuta a tenere assieme quello che sentiamo, che possiamo pensare e che però non possiamo agire. Se riusciamo a esprimere la rabbia, la paura, già non abbiamo bisogno di agire immediatamente.
Di nuovo, la velocità non ci aiuta perché i sentimenti forti tendono ad essere agiti. E’ come se non ci fossero più le parole per dire che sono veramente arrabbiato. Se faccio una litigata col mio collega, se mi esprimo, mi sfogo, anche con una sfuriata, verosimilmente il disagio può fermarsi lì. Il fatto è che anche litigare implica l’esistenza di un rapporto e noi, come dicevo, siamo sempre meno abituati a creare dei legami con le persone. E se non ho un qualche tipo di rapporto con il mio vicino di casa, davvero rischio di ridurlo soltanto alla voce che strilla di notte e non mi fa dormire. Io stessa abito in un condominio e oramai gira la battuta macabra sui bambini che piangono… Siamo tutti in qualche modo più cauti e preoccupati perché non si sa cosa può succedere.
Ma, che dire? Andando sempre tutti di fretta possono passare anche ...[continua]

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