Khalida Messaoudi, deputata algerina, è dirigente dell’Rcd, Raggruppamento per la cultura e la democrazia, e di Rachda, organizzazione femminile per la difesa delle donne contro i soprusi del Codice della famiglia algerino.

Vorremmo approfondire le ragioni per cui il presidente Bouteflika ha indetto questo referendum sulla concordia civile...
Credo sia importante chiarire che il referendum non riguarda la legge in se stessa, nel senso che la legge sulla concordia civile è già stata adottata dall’Assemblea Nazionale e dal Senato ed è in vigore dal mese di luglio. Infatti la domanda posta dal referendum diceva: "Siete d’accordo con il tentativo del presidente tendente a portare la concordia civile e la pace in Algeria?", quindi parlava di un tentativo, non diceva: "Siete d’accordo o contrari alla legge sulla concordia civile?". Penso che Bouteflika abbia voluto comunque il referendum su una legge già approvata dal Parlamento a grande maggioranza per diversi obiettivi. Il primo era quello di fare dimenticare, in un modo democratico, la macchia che sporcò la elezioni del 15 aprile, (quando tutti gli altri partiti si ritirarono dalla competizione per brogli e irregolarità. Ndr). Andare davanti al popolo chiedendo: "Siete favorevoli o contrari al tentativo del presidente?" ha il chiaro significato di una seconda elezione. Con il risultato del referendum, 84% dei partecipanti e 95-98% circa dei sì, evidentemente Bouteflika è stato assolutamente riconfermato e questa volta in modo chiaro. Anche nei confronti degli interlocutori stranieri aveva bisogno di questo secondo voto, per rafforzare la propria posizione. Infatti dopo il referendum è andato a New York, ed è parso molto più sicuro di sé, forte del plebiscito del referendum.
Il secondo obiettivo è altrettanto importante: cercare di rendersi autonomo da tutte quelle forze che tentavano di incastrarlo, di imporgli la loro volontà, a cominciare dalla coalizione che l’ha sostenuto alle presidenziali, cioè Rnd, Hamas, Fln e En-Nahda, che detiene la maggioranza in Parlamento.
Si poteva pensare che questo Presidente, avendo a livello della classe politica una larghissima maggioranza, non avesse alcun bisogno di andare a un referendum e, invece, lui, prima ancora che la legge sulla concordia civile arrivasse in Parlamento, aveva detto pubblicamente che qualunque voto avesse espresso il Parlamento lui sarebbe andato davanti al popolo.
Era un’affermazione molto importante, che stava a significare: "Voi non siete la maggioranza a cui aspiro. Ora ho bisogno di voi, ma un domani, una volta che sarò insediato, voglio anche fare a meno di voi". Perché questo atteggiamento? Penso proprio per rendersi autonomo da questa gente, nel caso avesse bisogno di fare una revisione della Costituzione, nel caso volesse formare un governo. Insomma, è come avesse detto: "Non potete imprigionarmi, dettarmi ciò che devo fare, poiché in ogni modo il popolo mi ha dato una schiacciante maggioranza diretta". E quando si confronta il risultato del referendum di settembre ai risultati delle presidenziali, l’esito è veramente umiliante per la coalizione di partiti che lo sostenne. Ora può fare a meno di loro.
Infine, il terzo obiettivo di Bouteflika è ancora, analogamente, un bisogno di autonomia, questa volta dall’esercito. Un risultato elettorale così eclatante gli permetterà infatti di essere autonomo dal generale Edmhari, che è colui che l’ha fatto tornare come candidato. Insomma l’operazione computa gli conferisce la forza sufficiente per non dovere niente a nessuno, per poter dire a tutti: "Il mio potere viene dal popolo che ha votato a favore del il mio tentativo".
Per quanto riguarda, invece, la legge sulla concordia...
Tecnicamente non è la legge che pone dei problemi, quanto piuttosto il fatto che non è stata accompagnata, come avrebbe dovuto, da un certo numero di provvedimenti, di discorsi, da un contesto adatto. Mi spiego: tecnicamente e concretamente questa legge riguarda le persone del Fis e coloro che l’hanno appoggiato e interessa tre categorie di persone. La prima è quella di coloro che hanno appoggiato l’azione terrorista del Fis, finanziariamente o dal punto di vista logistico, ma che non hanno partecipato a quelle azioni. Erano in carcere migliaia di persone, quasi 5000, e fra di loro molti erano fratelli, madri, famiglie, amici diretti di terroristi.
Questa categoria di persone è stata già graziata, per una metà, e l’altra metà sarà graziata, penso, in occa ...[continua]

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