Hubert Gasser, di Bolzano, ha partecipato nel 1994-95 a varie iniziative promosse da Alexander Langer per la pacificazione e la riconciliazione nei paesi della ex Jugoslavia. E’ attento osservatore dell’azione politica dei Verdi tedeschi.

Tra i Verdi tedeschi si è svolto negli ultimi tempi un approfondito dibattito a proposito dell’intervento militare occidentale in Bosnia e intorno al dilemma se sia un obbligo della comunità internazionale intervenire militarmente in caso di genocidio. Puoi parlarci delle diatribe che sono scoppiate intorno a questo tema?
Prima di parlare del dibattito che si è aperto recentemente tra i Verdi tedeschi, vorrei fare alcune considerazioni su come si sta ragionando e sragionando intorno alla Bosnia. Si sentono dire tante cose, dentro e fuori la Bosnia. Ovviamente, il discorso cambia molto a seconda dell’interlocutore che ci troviamo di fronte. In breve, farei una distinzione di fondo: da un lato, le persone che seguono da vicino gli eventi, soprattutto quelle impegnate direttamente negli aiuti alle vittime; dall’altro, le persone che non sono direttamente coinvolte. In linea di massima, le prime sono più favorevoli all’intervento internazionale (anche militare) in Bosnia, le seconde sono più scettiche. Spesso si tende a travisare la realtà dell’ex Jugoslavia o a coglierla in maniera molto parziale. Non voglio qui dilungarmi su quanto sentito in occasione di dibattiti parlamentari, il discorso ci porterebbe troppo lontano.
Vorrei, invece, accennare ad alcuni luoghi comuni molto diffusi, come il parlare di guerra civile (“si ammazzino pure a vicenda se non sanno fare di meglio, io che ci posso fare?”), oppure individuare la causa principale dell’esplosione del conflitto nel prematuro riconoscimento della Slovenia e della Croazia da parte dei paesi occidentali (Germania in testa), oppure spiegare il conflitto con le inclinazioni caratteriali di quelle popolazioni (“basta pensare alle atrocità che hanno commesso durante la seconda guerra mondiale”). Sono, questi, i soliti discorsi che si possono ascoltare al bar e che esprimono distacco dagli eventi, spesso anche un senso di superiorità di noi occidentali rispetto alla presunta arretratezza dei popoli slavi, dimenticando, però, che nell’Europa "civile" sono avvenuti fatti ben più gravi appena mezzo secolo fa.
Ammetto di avere notevole difficoltà a capire alcune delle ragioni addotte dai pacifisti. Ultimamente, mi è capitato di leggere le seguenti perplessità sulla spedizione militare delle forze Nato in Bosnia:"Ora, tutto diventa possibile: che muoiano altri soldati italiani" -che siano volontari è questione insignificante- "in un’area dove esiste un numero enorme di mine (molte delle quali made in Italy ); che vengano uccisi soldati Usa per cui si avranno reazioni imprevedibili, anche un bombardamento a tappeto alla ’irachena’."(da Repubblica del 2/1/’96, lettere). Di fronte a posizioni del genere mi viene spontaneo domandarmi che significato abbia per noi, e quanto valga, la vita delle migliaia di bosniaci vittime dell’aggressione serba e croata, vittime proprio per il fatto di essere indifesi ed inermi.
All’inizio del dicembre scorso i Verdi tedeschi si sono pronunciati, al loro congresso di Brema, contro la partecipazione della Germania al programma di intervento militare delle forze Nato. Questo atteggiamento è da ricondurre alla presenza di correnti pacifiste e alla difficoltà di accettare questo nuovo ruolo delle forze armate tedesche che tornerebbero in veste di forze di pace nei luoghi occupati nel corso della seconda guerra mondiale con ben altri obiettivi. La non-violenza nei rapporti internazionali è un principio essenziale per i Verdi tedeschi. Prima degli ultimi sviluppi della situazione in Bosnia che hanno portato all’accordo di Dayton essi erano sostanzialmente d’accordo con le iniziative dell’Onu in Bosnia ed hanno appoggiato la partecipazione della Germania ai programmi di aiuto umanitario.
Le ragioni contro l’impegno militare della Germania sono state esposte in maniera molto chiara in una lettera aperta, firmata da quattro esponenti di spicco (Kerstin Müller, Claudia Roth, Jürgen Trittin, Ludger Vollmer) e intesa come risposta ad una precedente lettera aperta firmata da Joschka Fischer, capogruppo dei Verdi tedeschi al Parlamento Federale, che si era espresso esplicitamente a favore dell’intervento militare occidentale in Bosnia. Va notato che la lettera di Joschka Fischer risale alla fine di ...[continua]

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