Giuseppe Razza, laureato in ingegneria sanitaria ambientale, dopo aver insegnato all’Università di Trieste, è oggi team leader della politica ambientale dell’Unione Europea in Albania.

Com’è la situazione dal punto di vista ambientale in Albania e nei paesi dell’est europeo?
Innanzitutto ci sono problemi locali, ereditati più che altro dalla storia passata, frutto di uno sviluppo industriale scorretto; poi ci sono problemi importati, derivanti, cioè, da relazioni con altri paesi.
Riguardo ai primi problemi, l’Albania, essendo un paese a economia centralizzata, come tutti i paesi dell’ex blocco comunista, anche se molto più isolata, privilegiava lo sviluppo dell’industria pesante con concentrazione di produzioni in grossi complessi per cui anche i problemi ambientali erano localizzati, concentrati, e riguardavano i rifiuti e gli inquinamenti prodotti in passato, ma che ora, con l’avvento della democrazia, sono stati bloccati. Teniamo presente che a parte qualche rara eccezione la politica ambientale è stata totalmente trascurata nel passato e i disastri ambientali spesso non li conosciamo neppure. Chernobyl è l’esempio eclatante, ma non sapremo mai quanti milioni di morti ci sono stati in questi paesi per effetto dei disastri ambientali. Una delle prime volte che sono stato in Albania ancora nel ‘90-91, andando in giro per il paese, arrivai a Elbassan, una città cui si arriva dall’alto di una collina: ebbene da lassù si vedeva bene come tutti i fumi di un complesso siderurgico enorme, il più grosso dell’Albania, uno dei più grossi di tutta l’area balcanica, -occupava gran parte della valle circostante-, si alzavano e, portati dal vento, cadevano esattamente dentro la città. L’incremento di morti da cancro e leucemia in quella città sicuramente ci sarà stato, ma non esiste nessuna statistica degli anni passati che possa dimostrarlo. Malgrado ciò, lo ribadisco, l’Albania non hai problemi enormi dal punto di vista ambientale che hanno, invece, la Romania, oppure altri stati... figuriamoci cosa deve essere successo nell’ex Unione Sovietica. E se adesso, dal punto di vista ambientale, la situazione sta migliorando lo si deve non tanto a un’azione di bonifica quanto allo stop che ha subito l’industria pesante. Restano attive fonti di inquinamento pregresse, relative a stoccaggi di rifiuti o a pozzi petroliferi abbandonati -l’Albania a sud era produttrice di petrolio- dai quali fuoriesce ancora petrolio. Ci sono fiumi nella parte meridionale fortemente inquinati da idrocarburi e da prodotti petroliferi, ma complessivamente i problemi non sono così gravi come in altri paesi in via di sviluppo.
Attualmente il rischio più grande è che, nella carenza totale di un’attività di prevenzione e controllo ambientale, si produca uno sviluppo indiscriminato di attività che non considerano la componente ambientale perché economicamente costa o che, peggio, vengono sviluppate lì proprio grazie alla possibilità di non considerare questa componente: realizzare una conceria in Italia esige tutta una serie di impianti di depurazione che per ora in Albania non sono necessari. Però queste sono forme di inquinamento ancora relative: quella che si sta sviluppando è la piccola e media impresa, con forme di inquinamento diffuse ma limitate, non estremamente gravi. Poi ci sono le fonti di inquinamento relative all’uso delle risorse acquifere. Qui la mancanza di sistemi di fognatura e di impianti di depurazione è totale, per cui si crea un terreno molto fertile allo sviluppo di malattie infettive, come il colera. E se la mappa della diffusione della malattia ci indica che la malattia segue lo stesso tragitto, dal Pakistan all’Albania, di un flusso di immigrazione clandestina, è anche vero che poi trova nelle condizioni igienico-sanitarie estremamente negative di un paese come l’Albania un terreno molto fertile.
Dalle statistiche dei casi di epatite B o di dissenteria, chiaramente si può riscontrare un loro grande sviluppo nei mesi secchi. E in agosto e settembre l’irrigazione dei campi viene fatta con liquidi fognari e l’opera di diluizione delle acque piovane è minore.
Accennavi ai problemi dell’inquinamento transfrontaliero...
Un caso che ci riguarda da vicino, per esempio, è quello dei treni in amianto.
Li abbiamo dati a loro. E credo che, dopo una prima azione fatta da Greenpeace, Alex Langer sia stato l’unico a sollevare il problema al Parlamento europeo.
Cos’era successo? L’Italia per ottemperare a regolament ...[continua]

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