Piero Giorgi è professore in neuroscienza all'Università del Queensland, a Brisbane, Australia.

Quando si parla di pace si ripropone sempre la questione della naturalità della violenza...
Siamo tutti daccordo che ci sia un malessere sociale, un malessere individuato da secoli che Freud ha cercato di spiegare. Una spiegazione che purtroppo è stata accettata in tanti campi, compresa l’educazione, e che sarebbe tempo di rimettere in questione. L’idea di Freud, derivata da Hobbes, è che gli esseri umani abbiano “naturalmente” -ecco la parola chiave: “naturalmente”, che cioè non si può cambiare- una pulsione aggressiva di origine sessuale che se viene sfogata lascia posto ad una personalità equilibrata, mentre invece, se viene repressa, si hanno le patologie, le nevrosi, le pazzie, le isterie. Lo sfogo di questa pulsione in una società primitiva poteva essere anche violento, sregolato, mentre nella società moderna deve essere regolato, codificato, limitato dall’etica e dalla morale. Freud dice che la società moderna non è consapevole di queste pulsioni, quindi le reprime troppo e da questo nasce il malessere sociale. Io penso che, analizzata nell’ottica della moderna antropologia e con impostazioni filosofiche contemporanee, questa concezione sia molto criticabile. E’ criticabile innanzitutto perché pensare gli uomini come naturalmente violenti, dominati dalla sessualità, vuol dire avere una visione ristretta all’uomo che emerge dalla storiografia, quindi all’uomo degli ultimi cinquemila anni, mentre uomini uguali a noi biologicamente sono su questa terra da circa centomila anni, non solo da cinquemila. L’antropologia di Freud era necessariamente antiquata, tantissime conoscenze sono state raccolte da allora in poi, mentre la sua impostazione filosofica, e questo è riconosciuto da tutti, era etnocentrica, si riferiva, cioè, soltanto ad un certo tipo di società, anzi, si riferiva quasi esclusivamente alla borghesia mitteleuropea del diciannovesimo secolo.
Tutte le nevrosi e le isterie che studiava erano di quella società e non è lecito estenderle a tutto il mondo perché, già nell’Europa mediterranea, c’erano e ci sono delle culture diversissime. E’ per questo che, in alternativa alla visione pessimistica dell’uomo teorizzata da Freud, bisogna studiare l’uomo considerandolo in tutti i suoi periodi e quindi occorre aggiungere agli uomini storici, cioè agli uomini dell’agricoltura e della scrittura, anche gli uomini preistorici, cacciatori e raccoglitori. Per avere una idea di come fossero questi uomini preistorici sono essenziali gli studi antropologici e sociologici fatti sulle culture cacciatrici e raccoglitrici che sono esistite, in modo non influenzato dalla cultura industriale, fino agli anni quaranta. Studiando queste culture di cacciatori-raccoglitori ci accorgiamo subito che quasi tutte hanno delle caratteristiche comuni, una delle quali è che questa gente era non violenta, non aveva le pulsioni aggressive postulate da Hobbes, Freud, Lorenz, e anche da alcuni sociologi moderni. Capita anche che questa gente vivesse in una società non gerarchica e avesse dei rapporti sessuali abbastanza rilassati, senza aggressività degli uomini verso le donne. Spesso, anzi, erano le donne che avevano il controllo della loro sessualità, che sceglievano il loro partner, fatto, questo, che in genere è regola nel mondo animale. Avendo presente tutto questo la storia comincia a cambiare parecchio. Molti antropologi, specialmente quelli che hanno comparato l’uomo con gli altri primati, pensano che gli uomini siano sopravvissuti alla selezione naturale proprio attraverso strategie basate su piccoli gruppi non gerarchici, non violenti e cooperativi; diversamente non sarebbero sopravvissuti perché non avevano qualità fisiche tali da potersi difendere da una natura molto selettiva. A questo punto si può immaginare una spiegazione diversa del malessere sociale: se siamo per natura cooperatori e non violenti, se il nostro cervello è ancora disegnato e concepito per operare in quel modo lì, vuol dire che il malessere che proviamo è dato proprio dal fatto che viviamo in una società competitiva e violenta, non in armonia con la nostra natura, inventata da noi. E se la violenza l’abbiamo inventata, se è un prodotto culturale, beh, allora si può ridurre gradualmente, si può eliminare, e si può sperare di costruire una società di gente felice, di gente la cui natura sia in armonia con l’ambiente sociale. Bisogna tuttavia fare ...[continua]

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