Con la caduta del campo profughi di Jenin e l’annientamento della resistenza nella casbah di Nablus, il 9 aprile, 12° giorno dell’attacco finale israeliano per sconfiggere i palestinesi, segna la fine di un’altra fase della lotta palestinese per l’autodeterminazione. Il 10 aprile, quando Powell incontrerà la presidenza spagnola dell’Unione Europea, diverrà chiaro se il “processo politico” che deve ora venir fuori porterà a uno stato palestinese vitale e realmente sovrano oppure al mini-stato dipendente che Israele ha sempre avuto in mente dall’inizio del processo di Oslo del 1993.

Questa è una situazione senza mediazioni possibili; niente può collegare con una sorta di “ponte” gli interessi basilari che separano le due parti. I palestinesi, già d’accordo su uno stato smilitarizzato e semi sovrano esteso soltanto sul 22% della Palestina mandataria, devono ricevere uno stato che sia territorialmente coerente, economicamente vitale, col controllo dei propri confini e risorse naturali, con pieno accesso a Gerusalemme e un livello significativo di sovranità. Israele, che ha bisogno di un mini-stato palestinese per “liberarsi” dei tre milioni di palestinesi residenti nei Territori Occupati che costituiscono una minaccia al “carattere ebraico” dello stato, non sarà d’accordo a rinunciare al controllo o a smantellare completamente la sua infrastruttura di insediamenti o di “by-pass roads”. E’ determinato a mantenere l’occupazione in una forma o nell’altra.
Soltanto una di queste due opzioni è possibile: o uno stato palestinese vitale oppure un bantustan dipendente.

Con il crollo della resistenza palestinese il 9 aprile, Sharon sembrerà avere motivi per rallegrarsi. La strategia del governo di “Unità Nazionale” per costringere i palestinesi ad accettare un bantustan sembra aver raggiunto i suoi obiettivi più importanti:

1. Una campagna di logorio ha regolarmente eroso la capacità palestinese di resistere all’occupazione. La demolizione di centinaia di case palestinesi, la massiccia espropriazione di terra fertile, una “chiusura” economica permanente che ha imprigionato e impoverito la popolazione, i coprifuoco e gli assedi della durata di mesi, l’emigrazione forzata di migliaia di famiglie della classe media e il vasto uso di collaboratori per minare la società palestinese hanno tutti portato il loro risultato.

2. Le imponenti azioni militari contro la fragile infrastruttura palestinese e i centri della popolazione con l’uso delle più sofisticate e potenti armi convenzionali statunitensi, F 16, elicotteri Apaches equipaggiati con missili a guida laser, carri armati e artiglieria, culminate con l’attuale accanita invasione delle aree palestinesi, hanno lo scopo di spingere i palestinesi alla sottomissione. Benché apparentemente in risposta agli attacchi terroristi palestinesi e accuratamente lanciate come parte della “guerra contro il terrorismo” dell’America, queste azioni militari in realtà sfruttano gli attacchi terroristi per raggiungere obiettivi politici di dominazione permanente.
3. La delegittimazione di Arafat, che Sharon ha definito “il nostro Bin Laden”, “irrilevante”, capo di “un’entità che fomenta il terrorismo” (l’Autorità Palestinese), è essenziale se Israele deve installare (con l’aiuto americano) un leader palestinese più “compiacente” che sia d’accordo sul mini-stato. Proprio come il Sud Africa doveva trovare dei “leader” africani che legittimassero i loro bantustan, così Israele deve trovare una figura palestinese disposta a essere “presidente” di un mini-stato, che concordi (e legittimi) perciò sul controllo di Israele sul West Bank, la “Grande” Gerusalemme e forse parti di Gaza.

4. La creazione di situazioni di fatto irreversibili sul terreno. Mentre deviava l’attenzione sul suo ruolo come “vittima” dell’aggressività palestinese in cerca di pace, Israele non ha smesso un momento di espandere gli insediamenti e costruire l’infrastruttura che le assicurasse il controllo sui Territori Occupati anche se dovesse nascere un mini-stato palestinese.
Le raccomandazioni della lodata Commissione Mitchell di congelare gli insediamenti di Israele sono già diventate irrilevanti. Israele ha tutta la terra, gli insediamenti e i coloni di cui ha bisogno. Una volta completata la costruzione dei suoi 480 chilometri di autostrade e “by-pass roads” che collegano gli insediamenti, create massicce barriere ai movimenti dei palestinesi con un progetto da 3 miliardi versati inte ...[continua]

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