Nessuno sa quanti bosniaci ci sono a Parigi, le stime dicono tra i due e i seimila, e sono totalmente approssimative. Non lo sa nemmeno la polizia, dato che la maggioranza di loro sono clandestini nella Ville Lumière. In Francia, un bosniaco, se non è un membro del governo, un artista che ha ricevuto l’invito dal Ministro della Cultura francese o un professore dell’Università di Sarajevo che è stato invitato a tenere delle lezioni alla Sorbona o alla Scuola Superiore, non può oggi entrare legalmente, nemmeno con la lettera di garanzia rilasciata dal proprietario della Peugeot. Nonostante tutto loro entrano. Si sa dov’è il controllo doganale più approssimativo e basta avere un amico francese che non abbia paura di far salire sulla sua auto un bosniaco: si attraversa la frontiera quando c’è un po’ più di traffico, mostrando il passaporto dal finestrino sotto il naso dell’ufficiale doganale.

La Francia ed i francesi fanno mostra di democrazia verso i bosniaci trattando coloro che sono entrati legalmente (che sono pochi) nello stesso modo di coloro che si sono infilati senza visto: ad entrambi offrono lo status di rifugiato politico, naturalmente con condizioni ed argomenti che si devono spiegare a fondo e certificare. E questo status, da qualsiasi lato lo si guardi, significa rinunciare al proprio paese, e anche al proprio popolo, perché l’argomento per ottenere asilo politico non è la guerra, e nemmeno che nel tuo paese hai perso tutto tranne la tua testa, né che non avevi dove andare: i motivi devono essere politici, religiosi o nazionalistici, cioè mancanza di libertà, di rispetto, o maltrattamenti ed esilio. Ma maltrattamenti ed esilio purtroppo non sono di Sarajevo. Karadzic ti rovescia centinaia di granate sulla testa giornalmente e non importa che una di quelle abbia distrutto il tuo appartamento, nemmeno che tu sia stato ferito; un buon motivo potrebbe invece essere che il tuo bisnonno era di religione o nazionalità diversa, tuo padre si è sposato con una dalmata, e tu ti sei sposato con una somadina (una regione della Serbia), così i tuoi figli non sanno chi sono, cosa sono e dove sono. Che sei, per esempio, ostacolato nella lotta per la ricostruzione della monarchia degli Asburgo o che ti è proibito di formare una setta dei Mormoni a Zenica. Quando dichiari una cosa simile, la spieghi bene e evidenzi che è per questo che devi abbandonare il tuo paese, allora ricevi il permesso per il soggiorno legale e il diritto di lavorare in Francia e anche qualche franco al mese, giusto per sopravvivere finché non trovi un lavoro. E puoi piangere la tua Bosnia quanto vuoi. Se, per caso, non vuoi farlo così, puoi avere, nel caso trovi nella polizia un uomo col cuore tenero, il permesso turistico per tre mesi e completa incertezza, finché un giorno t’informano gentilmente che devi lasciare il territorio francese e che la Francia è pronta a pagarti le spese di viaggio. Puoi anche scegliere dove vuoi andartene e, siccome non hai un posto dove andare, ti ritiri nell’illegalità, senza nessuna possibilità di avere qualsiasi documento e, nonostante tutto, devi mantenere ottimismo e vivacità. "A Parigi non puoi perderti", dice un mio amico facendomi vedere lo stradario che si trova ad ogni fermata del bus, Vous ètes ici è indicato su ognuna, dovunque trovi la pianta, la leggi e ti senti meglio.

I bosniaci a Parigi sono gli esiliati del profondo bisogno, non ce n’è probabilmente neanche uno che si trovi qui per sua scelta. Per esempio, una rifugiata politica è anche la Sig.ra Meira di sessant’anni da Gacku, che ha avuto i due figli uccisi combattendo nell’armata di BIH, o il Sig. Edhem di settant’anni da Focia, che ancora spera che qualcuno della sua numerosa famiglia sia sopravvissuto e lo contatterà.
Coloro che continuano in tutti i modi possibili a rimanere cittadini della loro Bosnia ed Erzegovina, lo fanno assolutamente invano. Non c’è solo da fare i conti con le leggi francesi, perché la validità del passaporto scade e per rinnovarlo ci vuole il permesso delle autorità bosniache. E’ difficile che troviate una persona che lo abbia, non si sa nemmeno quale istituzione lo rilasci. Neanche all’ambasciata ti possono aiutare: loro devono rispettare le regole; una persona che permanentemente rifiuta di chiedere asilo ha speso sei mesi cercando tra i parenti, gli amici, anche le conoscenze, un permesso simile e l’unica cosa che abbia ottenuto è la risposta al telefono che deve venire a Sarajevo per prenderlo ...[continua]

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