Ho cominciato a lavorare assiduamente con Grazia Cherchi una decina di anni fa. Ovviamente la conoscevo, però per me più che altro era un nome, una persona importante, una persona che aveva molte cose da insegnarmi e conosceva molto bene quel lavoro che io, da un altro versante, mi accingevo a fare. Una decina d’anni fa, appunto, quando l’Unità decise di aumentare le pagine dedicate ai libri, ebbi un incontro con Grazia che, al di là della mia timidezza e al di là, anche, di una qualche soggezione che nutrivo per una persona famosa ed importante che aveva tanta storia e tanta cultura alle spalle, fu molto felice. E lo fu anche la collaborazione che ne seguì, per la capacità di Grazia di essere presente in tutte le fasi del nostro lavoro, con una dedizione straordinaria e, in un certo senso, persino inattesa. Lei era un critico importante, un personaggio importante nella cultura italiana, nell’editoria italiana mentre io facevo un piccolo lavoro di giornalista. Anche lo spazio che le era stato concesso era relativamente piccolo. Ma qualsiasi cosa Grazia facesse, si impegnava con una dedizione, uno scrupolo, un rigore totali. Credo che questa sia stata per me una grandissima lezione: la capacità di essere rigorosamente dentro le cose, di non evitare mai il confronto, di non sfuggire alle responsabilità, anche negli aspetti più marginali del nostro lavoro, del nostro impegno. Sono stati, in questo senso, anni per me fondamentali. Si dice quanto è difficile avere un maestro, ma se dovessimo tentarne un elenco, credo che Grazia Cherchi in questo elenco stia idealmente ai primissimi posti.
Mi ha insegnato tante cose. Mi ha insegnato a non sottovalutare mai nulla. Ad esempio, negli ultimi mesi di lavoro, su suo suggerimento, avevamo introdotto, ad esempio, una piccolissima rubrica, Piccoli e belli. Grazia Cherchi aveva una grande curiosità nei confronti di tutte le iniziative editoriali nuove, non amava le classifiche, non amava i bestsellers, non amava le cose facili, amava andare alla ricerca di altre cose, piccole cose taciute o trascurate dalla stampa, dalle classifiche dei grandi bestsellers, dal grande baraccone promozionale degli uffici stampa, della televisione, e cercava di valorizzarle. Così aveva pensato a questa piccola rubrichetta che riguardava quei libri che, pur essendo di piccole case editrici, avevano un discreto successo di vendita. E chi di voi legge le pagine dei libri de l’Unità, ricorderà questa piccola indicazione. Di volta in volta si telefonava a una libreria, si chiedeva al libraio, ma la trattativa era sempre molto difficile perché i librai molto spesso sono distratti, non sanno queste cose, ovviamente sono interessati ai libri della Tamaro, di Biagi, di Bocca perché vendono tanto, fanno guadagnare molto. A loro interessa poco una piccola casa editrice che vende cinque copie, ma che, vendendo cinque copie qui, cinque copie là, cinque copie da un’altra parte, arriva alle mille copie che sono probabilmente un bestseller per E/O, La Tartaruga, o per la Biblioteca del Vascello.
Ebbene, tutto questo lavoro lo faceva Grazia Cherchi e questo suo impegno mi colpiva allora e mi colpisce ancora adesso: perché una persona come lei doveva dannarsi l’anima a cercare la libreria, a cercare il numero di telefono, a contattare il libraio? Raccontava che una volta uno le aveva risposto: “Sì, io compro l’Unità, ma mai di lunedì”. Insomma, lei che era una scrittrice, un critico importante, che aveva tanti amici, tante conoscenze, che sapeva tutto, trovava il tempo per dedicarsi a delle piccolissime cose che avrebbero dovuto essere un compito redazionale, di noi redattori de l’Unità, pagati per farle. E noi a malincuore le avremmo fatte perché facciamo volentieri quelle cose dove possiamo esporre le nostre belle auree opinioni e mettere la nostra bella firma.
Invece lei ha insegnato che anche questo è importante, ci ha dato una grande lezione oltre che di rigore e di moralità, anche di mestiere, di giornalismo, perché lei aveva una grande dimestichezza col giornalismo e aveva una grande idea di come si fanno i giornali.
D’altra parte questo scrupolo Grazia lo metteva in tutte le cose. Ogni giorno mi arrivavano al giornale plichi di manoscritti, tutti indirizzati a lei, e devo dire che per proteggerla ho anche ceduto alla tentazione di prendere queste cose, aprirle ed accantonarle, far finta di dimenticarle, ma essendo il suo indirizzo assolutamente pubblico altrettanti ne giungevano, ovviamente, a ...[continua]

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