«Quando io giunsi in Spagna, Negrín era già capo del governo e non ebbi quindi parte alcuna nelle vicende politiche che dettero origine alla caduta di Largo Caballero... In Parigi mi giunse la comunicazione pura e semplice di Dimitrov di recarmi in Spagna e mettermi a disposizione del partito spagnolo». Così, pacatamente e con apparente disinvoltura, Palmiro Togliatti racconta (Rinascita, 19 maggio 1962) la sua partecipazione alla guerra civile di Spagna. Anche i suoi biografi «ufficiali», Marcella e Maurizio Ferrara, affermano che Togliatti non giunse in Spagna prima del luglio 1937 e che «si doveva far vedere il meno possibile». Eppure, stando alle testimonianze di molte persone, per esempio di Jesús Hernández ministro della Repubblica spagnola, già membro della direzione del partito comunista spagnolo e dell’esecutivo del Comintern; di Julián Gorkin, già dirigente del POUM e direttore del giornale La batalla, del leggendario generale Campesino; dell’ex-commissario generale delle Brigate internazionali ed «eroe del Mar Nero» André Marty, nonché di numerosi altri maggiori e minori testimoni, e infine anche secondo lo storico della guerra civile spagnola, I’inglese Hugh Thomas, risulta che Togliatti si era stabilito in Spagna sin dall’agosto 1936 e «pur facendosi vedere il meno possibile» effettivamente «dedicò il suo lavoro completamente alle questioni spagnole, a quelle del partito comunista e del movimento popolare spagnolo». E non vi è nessuna ragione per dubitare della veridicità di queste testimonianze, mentre ve ne sono molte per dubitare di quello che racconta di sé Palmiro Togliatti.

Per tutto il periodo della guerra civile i capi comunisti spagnoli (Díaz, Hernández, Dolores Ibarruri, Checa, Uribe) sono, com’è noto, affiancati nella loro attività da un certo numero di «consiglieri», e sono i delegati dell’Internazionale comunista che prendono in mano la direzione e l’organizzazione del partito: l’argentino Codovilla, conosciuto sotto lo pseudonimo di Medina, il bulgaro Stepanov, I’ungherese Geroe, I’italiano Togliatti. «Tutti costoro -scrivono Broué e Témime (La rivoluzione e la guerra di Spagna)- sono circondati da tecnici e da consiglieri la cui esperienza è preziosa e che sono quasi sempre agenti dei servizi segreti russi». Quasi tutta la politica militare del partito comunista spagnolo -almeno in un primo tempo- è nelle mani di Vittorio Vidali, uno dei più importanti agenti della NKVD alI’estero, conosciuto in Spagna col nome di Carlos Contreras. Tutti questi «consiglieri», poi, operano in stretto contatto con l’Ambasciata sovietica e con gli uomini della NTKVD (Orlov, Konij, Kotov, eccetera).

Come «istruttore del Comintern», Togliatti ha un compito delicato e difficile: conciliare le ragioni dell’internazionalismo operaio e della solidarietà rivoluzionaria, di cui l’intervento sovietico è apparentemente una manifestazione eloquente, con la «ragion di Stato» e il realismo cinico che inequivocabilmente impronta, per l’essenziale, l’atteggiamento di Stalin nei confronti della Spagna. Il compito di tradurre e rendere esecutiva la «linea generale» è notevolmente complicato dalla permanente cura di Stalin di lasciarsi aperte tutte le soluzioni. Occorre spiegare il ritardo (esiziale, poiché nei primi mesi di guerra un intervento a fianco deIla Repubblica sarebbe stato decisivo) dell’aiuto sovietico; la «doppia politica» dell’URSS, motivata dall’interesse di non inimicarsi la Francia, nei confronti di quella che giustamente è stata definita l’abbietta farsa del non intervento organizzata dal governo conservatore inglese. «La prima decisione -riferisce Max Beloff (La politica estera dell’Unione Sovietica)- nella quale entrò certamente il desiderio di conservare la collaborazione della Francia, fu di non intervenire». Alla Francia, del resto (secondo la testimonianza di Jules Moch, allora segretario generale della presidenza del Consiglio del ministero Blum), si era fatto sapere che «il patto franco-sovietico del 1935 ci impegna a un aiuto reciproco nel caso in cui uno dei nostri due paesi sia attaccato da un’altra potenza, ma non nel caso di una guerra derivante dall’intervento di uno dei nostri due paesi negli affari di un’altra nazione».
L’URSS deve salvaguardare la sua sicurezza -spiegherà Togliatti ai capi del comunismo spagnolo inquieti e allarmati dalle incertezze, dalle oscillazioni e dalle ambiguità della politica russa- come il bene di gran lunga più prezioso, e una qualsiasi ...[continua]

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