Rivangare i precedenti non giova alla soluzione del conflitto israelo-palestinese. Eppure gran parte dei media nazionali ha imputato ad Arafat i tragici avvenimenti dei mesi passati, per non aver accettato la generosa offerta di Barak a Camp David nel Luglio 2000. Sarà pertanto utile esaminare gli estremi di quell’offerta.

Nel Le Monde Diplomatique del dicembre 2000 Feycal Usseini, l’allora membro del Comitato esecutivo dell’Olp, incaricato per le questioni di Gerusalemme, precisa che a Camp David le proposte di Barak non erano state formalizzate in alcun documento ufficiale (la cosa sarà confermata da Shlomo Ben-Ami nell’intervista ad Ha’aretz del 3/10/01). Usseini presenta la cartografia delle proposte di Barak realizzata dal gruppo di lavoro della Orient House di Gerusalemme sulla base delle informazioni ricevute. Il West Bank (con la Striscia di Gaza, il 22% della Palestina sotto mandato britannico) è diviso in tre cantoni separati e a loro volta attraversati dalle nuove strade di collegamento diretto (bypass roads) con i molti insediamenti ebraici che rimarrebbero, sotto sovranità israeliana, inclusi nel territorio palestinese. Nessuna di quelle tre aree s’affaccia al Giordano e al Mar Morto, dai quali esse sono divise da una fascia di territorio profonda nella Valle del Giordano. Gerusalemme Est e dintorni spezzettati in un puzzle di aree intersecate non collegate con nessuno dei tre cantoni.

Fra quel luglio a Camp David e il successivo settembre, i contatti fra le parti continuano (citata intervista a Shlomo Ben Ami in Ha’aretz) senza risultati. Il 28 settembre scoppia la seconda Intifada, cosiddetta ‘di Al-Aqsa’.

Il 16-17 ottobre si conclude il secondo Summit di Sharm el-Sheik con il generico impegno delle parti, assistite da Usa, Egitto, Giordania, Comunità Europea e UN, alla cessazione delle violenze. In quell’occasione, su sollecitazione dalla delegazione Usa, capitanata da Clinton, è promosso un Comitato di monitoraggio (Fact Finding Committee) che sarà chiamato ‘di Sharm el-Sheik’, con il compito d’analizzare, evitando giudizi di tipo processuale, quanto era accaduto nelle settimane allora recenti e di proporre provvedimenti per fermare la violenza, per prevenirla e per promuovere la ripresa del processo di pace. Il 7 novembre la presidenza del Comitato, composto da Suleyman Demirel, Trorbjoern Jagland, Warren B. Rudman, Javier Solana, George J. Mitchell è affidata da Clinton, con unanime consenso, a G. J. Mitchell.

Dal 19 al 23 dicembre 2000, Shlomo Ben–Ami, ministro degli Esteri israeliano, e Saeb Erakat per l’Autorità Palestinese, s’incontrano con Clinton alla Casa Bianca.
Negli stessi giorni la Foundation for Middle East Peace trasmette via internet due cartine esemplificanti, una le proposte definitive di Israele ad Arafat e la seconda le proposte interlocutorie, di poco differenti dalle precedenti, di Clinton: restituzione del 97% del West Bank diviso in tre separati cantoni attraversati da strade riservate agli israeliani per collegamento con gli insediamenti. E’ tuttavia sottolineato che il 97% non tiene conto del territorio annesso allo Stato di Israele e assegnato alla municipalità di Gerusalemme, delle fasce di territorio che separano i tre cantoni (che comprendono gli insediamenti più popolosi), e della fascia lungo il Giordano e il Mar Morto, che rimangono sotto sovranità israeliana. In pratica, secondo la Fondazione, verrebbe ipoteticamente offerto non più del 60% del West Bank precedente l’occupazione del 1967, pari a circa 2.200 kmq. Secondo un’altra interpretazione riportata da Robert Fisk, corrispondente in Israele dell’Observer e dell’Indipendent, che calcola anche le aree occupate dagli insediamenti minori, che rimarrebbero isolati in territorio palestinese, e le aree militarizzate, l’offerta non supererebbe il 47%. La determinazione delle percentuali territoriali è oggetto delle più varie interpretazioni, di equivoci e di inespresse riserve finalizzate ad accuse di malafede. Esse variano a seconda che si tenga conto o meno delle aree annesse alla municipalità di Gerusalemme, delle enclave militari israeliane, dell’estensione degli insediamenti da annettere a Israele. E’ probabile che il calcolo di Fisk non sia affatto infondato rispetto alla concreta disponibilità della diplomazia israeliana.
Ben-Ami, Erekat e P. J. Crowley, portavoce del U.S. National Security Council, concordemente dichiarano (comunicato Nnc del 23 dicembre 2000) che spetta a Bar ...[continua]

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