Nato a Torino nel ’47, Gianni Carchia aveva studiato al liceo classico Gioberti, allievo del filosofo spinoziano Droetto e, successivamente, alla facoltà di Lettere e Filosofia. Un forte interesse per le discipline antropologiche, che lo spingerà, ventenne, ad un viaggio di studio nel Sahara, avrebbe trovato il suo naturale sbocco, se il progetto avesse incontrato il favore dell’ambiente accademico -cosa che, però, non avvenne- in una dissertazione sulle forme di scambio nelle economie tribali.
Imprimendo una svolta soltanto apparente alla sua impostazione spirituale, egli aveva allora deciso di laurearsi in filosofia, nel ’71, con Gianni Vattimo, in cui nel frattempo aveva trovato una guida e un interlocutore d’eccezione, con una tesi d’estetica intitolata "Verità e linguaggio nel giovane Benjamin". Le direzioni fondamentali della sua prima attività di ricerca si possono descrivere come lo sviluppo tematico e critico di problemi già in parte presenti in questo lavoro, che proprio ora vedrà la luce, postumo, presso l’editore Bulzoni, dopo alcune importanti modifiche impartitegli dall’autore l’estate scorsa, col titolo Nome e immagine. Saggio su Walter Benjamin. Durante il confronto con Benjamin e con gli estremi esiti dell’ermeneutica romantica da lui rappresentati, era stata evidenziata, in particolare, quella nozione -da allora sempre presente nelle sue ricerche- della "critica come salvazione", di una critica cioè, nella quale la dimensione rischiaratrice della ragione non si irrigidisce nelle forme di una utopia anti-storica, bensì si vota a riscattare, a "salvare" proprio quegli elementi -il mito, il passato- che va demistificando. Muovendo da questo nucleo ispiratore, le sue ricerche si erano poi sostanzialmente articolate in tre ambiti. Il primo ambito si volgeva ad individuare, sulla scorta dell’esperienza estetica -così in sede storica, come in sede teorica- i referenti ideali relativi al concetto di una ragione non dogmatica e non demitizzante: appartengono a questo periodo i primi lavori impegnati in un confronto con i temi propri della "teoria critica". A questo medesimo interesse per il nesso tra filosofia ed emancipazione si devono, parallelamente, i suoi primi studi su talune figure del pensiero italiano del Novecento nelle quali più chiaramente emerge, in chiave anti-idealistica, l’idea della ragione come istanza di liberazione: e saranno gli scritti su Michelstaedter, Martinetti, Colli e Capitini. Ciò significò poi anche risalire alle fonti stesse di questa tematica, attraverso una rilettura di taluni momenti dell’opera di Kant; si tratta dei saggi intitolati Le rovine della rappresentazione. Lettura della Critica del giudizio, dell’81, Elogio dell’apparenza, comparso nel volume collettivo Il pensiero debole e Il linguaggio dell’apparenza, scritti entrambi nel 1983.
Il secondo ambito della prima attività di ricerca si sviluppò invece attraverso una serie di indagini sul tema del mito, nelle quali il problema della "critica salvifica" si andava formulando come problema relativo al rapporto tra l’arcaico e il moderno. Si diede allora a studiare quelle forme attraverso cui l’arte e la poesia procedono a conservare il passato mitico nell’istante medesimo in cui infrangono il dominio della sua inconsapevolezza. Con un’impostazione già suggerita in uno scritto del 1977, Osservazioni sull’estetica arcaica (poi nel volume curato assieme a Roberto Salizzoni, Estetica e antropologia, del 1980), si indaga il processo dell’autonomizzazione formale di taluni generi letterari classici nei confronti del loro sotterraneo fondamento religioso: è quel che accade per la tragedia, in Orfismo e tragedia. Il mito trasfigurato, del 1979, così come per il romanzo tardo-antico in Dall’apparenza al mistero. La nascita del romanzo, del 1983. Parallelamente, in Arte, magia, razionalità (un ampio saggio compreso nel volume La legittimazione dell’arte, del 1982), veniva intrapresa un’ulteriore approssimazione teorica ad una possibile "ermeneutica dell’arcaico", il cui spazio rappresentativo -come territorio dell’immaginazione- era stato delineato in particolare nelle ricerche contenute in Estetica ed erotica, volume pubblicato nel 1981.
Al terzo ambito di questo percorso filosofico appartengono invece le indagini relative al rapporto tra l’arte e la "temporalizzazione" moderna della storia: vi veniva ridiscussa la tematica idealistica che, dopo Kant, ha tentato una legittimazione moderna dell’arte su di un ...[continua]

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