Caro Silone,
le circostanze, un caso più affettuoso di quanto potrebbe parere, hanno voluto che riprendessero i nostri rapporti nei giorni che sono stati gli ultimi di Annie. Da cinquantotto giorni, io lo sapevo che erano gli ultimi. Il medico l’aveva detto con grande precisione. Ma Annie aveva cominciato a veramente crudelmente inesorabilmente morire il 10 giugno, quando partimmo dalla casa che le avevo dato nella foresta di Meudon. Avantieri, mercoledì a mezzogiorno e mezzo ha chiuso gli occhi alla luce.
Annie ti stimava molto, caro Silone. E io il 27, dopo aver ricevuto la tua lettera, volevo ringraziarti e dirti che se ti avessi avuto per caso qui vicino sarei venuto a trovarti. Che insomma con te mi sarei intrattenuto volentieri. Amo la tua onestà e la tua ironia. E siamo un po’ compaesani, figli di terre melanconiche.
Annie era il mio fardello di umanità. Adesso posso dire liberamente, tranquillamente che non perdonerò al mondo delle cose che l’hanno uccisa, lo stesso che da tempo odiavo. Ma finché lei era là, sapevo che lei era vulnerabile e io perciò incerto.

Miei cari,
questa è la lettera più triste che avrete ricevuto da me. Annie non è più. Mercoledì 28 agosto, a mezzogiorno e mezza, l’ultimo, il più flebile, soffio è uscito dalle sue labbra. S’era aggravata improvvisamente nella notte dal 25 al 26: il cuore non reggeva più. Ma la mattina del 27, quasi mi ero detto: chissà? Aveva dormito profondamente, e la mattina sembrava essersi destata senza pena. Alle otto e mezza di sera, le crisi ricominciavano -sempre il cuore- alle dieci e mezza non mi ha più riconosciuto, e da allora solo il nome della madre è rimasto sulle sue labbra, fino a mezzogiorno, quando non ha più detto nulla, e solo è rimasto il soffio che si spegneva.
Dal 5 luglio, io ero preparato. Il medico non mi aveva lasciato nessuna illusione, e gliene sono grato. La verità è sempre buona. Questi giorni, questi 54 giorni, non sono stati lugubri, anzi molto [amici]: ogni giorno cantava. Annie sentiva soltanto questa gran debolezza, il rammarico di non poter camminare, viaggiare, disegnare. Ma quando il cuore ha cominciato a dare i primi segni di questa grande fatica -delle crisi di affanno che cominciavano verso sera- non poteva dormire e soffriva. Le cure, le ha avute tutte. Ma non ha avuto la sola cosa che avrebbe potuto tenerla in vita: la calma attorno, e dei tempi dolci, gentili. Tutto quel che non era gentile le toglieva un po’ di vita.
Annie è stata la mia compagna leale, coraggiosa, ed eroica, devo dire eroica, se questa parola ha un senso. Nei buoni giorni, piena di gioia. Nei cattivi, melanconica. E nei suoi giorni ultimi, un tenero miracolo di coraggio. Onore a lei. Onore a lei che ha saputo vivere fino all’ultimo con grazia e dolcezza, essermi leggera quando niente mi era leggero, che mi si è affidata così interamente.
Il suo amore era pieno di letizia, ma grave come non si può immaginare. E così era lieto e grave il suo amore per le cose belle, quanto era grave la sua nausea dinanzi alle bruttezze. Mamma tu sai che Annie ti voleva molto bene -ma non sai quanto ti preferiva. La mattina del 27 mi ha detto: "Portami in mezzo a gente impulsiva come tua madre”. La parola, come vedi, era la stessa che usi tu per dire il tuo carattere.
E quanto a papà, dalla ricaduta di questo inverno (e spesso anche prima, ma specialmente da allora) non ha fatto che dire quanto sarebbe stata tranquilla curata da papà. I medici talvolta hanno fretta, papà non avrebbe avuto fretta.
Per Pina, come Pina sa, aveva più che simpatia. La sentiva proprio sorella, e la stimava. Era stata molto contenta, e particolarmente colpita, da una delle sue ultime lettere – forse l’ultima lettera di Pina che abbia visto. Franco non lo ha conosciuto, quasi. Si ricordava di zia con amicizia.
Quanto a me, che cosa non ha dato Annie? A mamma piacerà sapere che ha educato i miei sentimenti, tolto ai miei modi una certa eccessiva semplicità e rozzezza. E ha pagato per questo. Direi quasi che ha pagato materialmente, con la sua pena, con cui mi costringeva a cambiare, a fare attenzione.
Questo è molto, è tutta una vita umana. È appena un’ombra, appena una vita umana.
Sì ma sul volto di Annie è rimasto uno strano sorriso. Il sorriso del compimento. Il gran colpo che m’ha inferto il suo addio m’ha dato qualcosa con grande, con estrema chiarezza. M’ha detto: guarda come è eterno ciò che sembra effimero e non vedere altro. Nel cuore dell’uomo risorge que ...[continua]

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